martedì 16 aprile 2019

Capitolo Quindici


Le giornate scorrono, passo la maggior parte delle ore al lavoro, cerco di non distrarmi con il cellulare o le mail e, una volta finito quello che devo fare, mi reco da Edward. Ceniamo insieme tutte le sere, la sua governante è fenomenale ai fornelli, mi ha arricchito il ricettario in queste due settimane e forse ha fatto crescere anche il mio girovita. La cosa più bella però è che io e Edward parliamo, parliamo tantissimo. Vuole sapere un sacco di cose sulla mia vita: la prima volta, il primo bacio, le fobie stupide, mi chiede del mio cane… cose semplici. Non abbiamo mai affrontato discorsi più difficili, un po’ per rispetto, fiducia che lo faccia io e un po’ perché credo sia per entrambi troppo personale e la nostra storia non è ancora così profonda da farci mettere in gioco a quel modo. Anche lui parla solo del lavoro, dei suoi gusti musicali, dei piatti preferiti, dei film che ama. Va tutto bene fino a che ci teniamo sul leggero con queste chiacchierate. E poi ci baciamo. Ci baciamo così tanto da avere le labbra gonfie e doloranti tutte le notti. Ci tocchiamo, ci diamo piacere a vicenda ed esploriamo i nostri corpi per conoscere tutte le zone che ci fanno impazzire. In queste due settimane però abbiamo anche condiviso il mercoledì sera con gli altri: la solita pizza, birra e dessert. Casa di Edward è fantastica, grande abbastanza per starci tutti ma intima se si vuole il proprio spazio e il calore di mura domestiche rassicuranti. Mi sono ambientata proprio bene. Amo il suo salotto con le vetrate che ti spediscono alle stelle le emozioni, amo la sua camera da letto così sensuale e particolare. Ha un appartamento che già da solo ti farebbe rispondere sì ad ogni domanda.
I miei amici non si sono limitati a parlottare tra loro della nuova situazione che si è creata tra me e il capo, ovviamente hanno preferito di gran lunga scherzare e lanciare battutine in ogni momento della serata. Ero preoccupata che potessero in qualche modo innervosire Edward, ma dopo un paio di minuti di tensione si è sciolto ed ha cominciato a sghignazzare e ammiccare verso gli uomini con fare cameratesco. L’ho adorato. Quando ha questi momenti di relax e tranquillità, di divertimento e gioco è fottutamente perfetto.
Non siamo ancora usciti dal suo appartamento, nonostante si sia rimesso quasi del tutto e abbia solo il gesso al braccio, abbiamo deciso di restarcene per un po’ nascosti e stare del tempo insieme per conoscerci, prima di affrontare i pericoli al di fuori della porta d’ingresso. Sappiamo entrambi che nel momento in cui apriremo l’uscio e la nostra relazione finirà fuori da queste quattro mura, allora le cose si complicheranno. Vogliamo solo essere tranquilli e ben sicuri prima di affrontare gli ostacoli che si frapporranno tra noi.
Ieri sera le ragazze hanno voluto uscire per una bevuta e un giro per locali, Emmett ha colto l’occasione per organizzare una birra a casa di Edward per vedere la finale di non so quale sport. Non ci siamo visti per due sere consecutive, stamattina mi ha mandato qualche messaggio, ma con le lavatrici da terminare, la motta di biancheria da stirare e il bagno da pulire, ho fatto davvero fatica a rispondere.
Così ho scelto di fargli una sorpresa, iniziava a mancarmi troppo. Nel primo pomeriggio mi annoiavo così tanto a casa che mi sono preparata per andare da lui. Si è un po’ offeso che non abbia passato tutto il mio tempo stamattina a rispondere ai suoi messaggini adolescenziali e, soprattutto, che ieri sera l’abbia abbandonato per una serata di bagordi con le altre; so che non lo dice sul serio e che fa solo il capriccioso scherzando per animare un po’ la giornata, ma ho intenzione di coccolarlo un po’ e, ovviamente, farmi coccolare.
Oppure scaldare un po’ questo fresco sabato di pieno autunno con qualche palpatina sul divano.
Indosso un abito a maniche lunghe color bordeaux, un paio di autoreggenti color carne, anche se l’effetto sul mio corpo non mi piace a causa delle mie cosce un po’ burrose. Infilo un paio di decolté nere e indosso il cappotto e la sciarpetta, i capelli vaporosi attorno al volto cadono sulla schiena in una cascata di boccoli che trovo davvero perfetti oggi. Nonostante i miei tarli da ragazzina oggi mi piaccio tanto e sono soddisfatta di quella che sono, Edward non mi fa mai sentire inferiore e si prende cura del mio corpo come ne ho bisogno. Mi fa sentire bella e sexy anche solo con uno sguardo, non so quanto potrà durare, ma è la prima volta che una relazione mi fa stare bene fino in fondo e mi rende così libera e eccitata. Faccio qualche coccola a Poppy, riempio le ciotole del suo cibo e dopo aver preso chiavi e borsetta esco di fretta. Ho davvero voglia di passare del tempo con Edward e di fargli perdere il controllo come la prima sera.
Quando raggiungo il suo palazzo mi sorprendo di trovare un posto proprio davanti all’entrata, felice e soddisfatta, certa che questa sarà una giornata indimenticabile, parcheggio e salto fuori dall’auto di fretta. Saluto il portiere che ha imparato a riconoscermi senza che debba salutarlo, salgo in ascensore e stringo tra loro le mani. Se vivessi in un film arriverei davanti alla porta, suonerei e mi verrebbe ad aprire una sgualdrina bionda su tacchi a spillo imbarazzanti che dichiara di essere la fidanzata di Edward; oppure troverei una sciacquetta che indossa solo una sua maglietta e gambe nude chilometriche. Ma non sono in un film, per fortuna. Quando suono al campanello all’interno dell’appartamento non giungono rumori. Riprovo una seconda volta e finalmente sento un “Arrivo” lontano. Apre la porta dopo qualche secondo e, sorpreso, resta a fissarmi.
Gli sorrido e mi muovo sui tacchi per non stare ferma impalata, il suo sguardo ha la capacità, ogni dannata volta, di agitarmi. Spalanca la porta e mi fa entrare prima di afferrarmi con un braccio e tirarmi addosso a lui, mi scontro sul suo petto definito e inspiro il suo profumo. E’ un profumo che adoro e che ha iniziato a far parte della mia vita. Sa di pulito, un accenno di caffè e ancora non ho definito le altre fragranze.
«Che sorpresa! Come mai da queste parti?»
«Pensavo fossi offeso e arrabbiato. Sono venuta a fare pace!» Mi bacia dolcemente, le nostre lingue si accarezzano per un po’ e le sue mani mi prendono il viso e lo tengono fermo. Aspettate. Mani? Mi stacco di fretta e lo osservo stupita. Lui sghignazza prendendomi in giro. «Hai tolto il gesso?»
«Sì, ieri mattina! Volevo farti una sorpresa ma hai cambiato i programmi e pensavo di raggiungerti per cena al tuo appartamento stasera. Invece eccoti qui!»
«Mi mancavi. Pensavo fossi arrabbiato perché non ti avevo risposto!»
«Un pochino, pensavo di aver combinato qualcosa che ti avesse fatta scappare, ma non importa. Sei qui e ti sei fatta perdonare!»
«Wow, hai tolto il gesso!» Gli accarezzo il braccio dolcemente, sorvolando sulle sue parole. Ha un’insicurezza, certe volte, che lo rende vulnerabile e umano in modo sconcertante e se provo anche solo ad avvicinarmi innalza muri così spessi che neanche le cannonate li buttano giù. «Inizi la fisioterapia in settimana?»
«Ho rifiutato. Non posso perdere tempo per andare in un centro a fare quattro esercizi per allenare un arto che utilizzo da quando sono nato. Mi hanno dato una scheda di esercizi da fare a casa e il dottore vuole rivedermi tra un mese.» Arriccia il naso e guarda alle mie spalle. Ovviamente, figuriamoci se si abbassava a dare ascolto al suo medico. Gli lancio un’occhiataccia degna del migliore degli scontrosi.
«E le ferite allo stomaco?»
«Guarite, anche se il dottore vuole farmi alcuni esami per le vecchie cicatrici. Dice che sarebbero da operare perché ho dei tessuti… non mi ricordo come li ha chiamati!»
«Non ti ricordi?»
«No, in questo momento penso solo a spogliarti e a baciarti. Possiamo parlare più tardi?» Mi attira a sé ancora una volta e cammina all’indietro mentre mi bacia, fino a gettarmi sul divano. Si inginocchia tra le mie gambe e si sistema su di me. La sua bocca torna prepotente sulla mia fino a quando gli mordo il labbro, poi scende sul collo, la clavicola, nel frattempo mi spoglia del cappotto e con i piedi fa cadere le mie scarpe per terra.
«Hai fretta?» Domando sorridendo appena.
«Sì, non sai quanta. Voglio vederti nuda e ansimante sotto di me.»
«Edward!» Ridacchia sul mio collo mentre io devo alzare il bacino per farmi togliere del tutto il cappotto. Il vestito scivola in alto lasciandogli libera la visuale sulle mie mutandine di pizzo nere e le autoreggenti.
«Questa volta ti spoglierò tutta, ti porterò all’orgasmo con le mie mani e poi con la lingua e quando avrò finito entrerò dentro di te e sprofonderò nel tuo calore e sarà bellissimo!» Le sue parole, insieme alle mani che alzano il vestito e me lo tolgono da sopra la testa sono fuoco puro. Il reggiseno abbinato alle mutandine volò via prima che avessi tempo di pensarci. Prima di togliermi il perizoma fece sparire anche le calze baciandomi in più punti le gambe e facendomi rabbrividire. Ansiti rumorosi escono dalle mie labbra e lo conquistano.
«Spogliati anche tu. Non farmi prendere freddo da sola!» Ridacchia alzandosi dal divano e togliendosi la maglia dalla testa per poi far cadere anche pantaloni della tuta e boxer. Decisamente non ha bisogno della fisioterapia per il braccio, si ricorda bene come usarlo.
«Non avrai freddo, piccola.»
«Beh allora vuol dire che mi rifarò gli occhi. Pare che non possa neanche toccare!»
«Goditelo, poi ci penseremo!» Il sorriso malizioso sul suo volto mi anticipa scintille.
Le sue dita frenetiche salgono lungo le gambe in una carezza che, nonostante l’impazienza, è delicata e sensuale. Si ferma ad accarezzare e premere le ossa del mio bacino, per poi piegarsi a mordicchiare e leccare l’area che le sue dita hanno toccato con tanta cura. La bocca segue la salita delle sue mani, preme sulle costole accarezzandomi con decisione, per poi circondarmi con le mani il seno. I miei capezzoli induriti spingono sui suoi palmi e gemiti incontrollati fuoriescono dalle mie labbra. Il suo corpo si adagia sul mio con attenzione, temendo probabilmente di farmi male con il suo peso, mentre la fronte si appoggia alla mia e il suo sguardo di mischia al mio. E’ fuoco e desiderio puro.
La sua erezione preme sulla mia pancia, calda e pulsante, le mie gambe si aprono meglio per farlo stare comodo e per sentirlo di più. Mi lascio andare a un gemito più forte quando una mano scende, in un impalpabile tocco, verso il mio centro umido e bollente. Due dita entrano dentro di me inaspettatamente e boccheggio alla ricerca d’aria.
«Cazzo!» Spinge dentro di me mentre con il pollice disegna centri concentrici sul mio clitoride gonfio. Si strofina su di me per alleviare un po’ della tensione che cresce sempre di più tra le sue gambe e cerco, disperatamente, di muovere le mani per toccarlo. Me lo impedisce, prima gentilmente e poi scostando bruscamente le mie dita. Indispettita mi irrigidisco ma il movimento delle sue dita dentro di me toglie dalla mia faccia il brutto muso che avevo messo su.
«Se mi tocchi sarà finito tutto prima ancora che il divertimento cominci. Voglio davvero perdermi dentro di te oggi, numerose volte.» Inarco la schiena, la testa si flette all’indietro e le mani si aggrappano alle sue spalle nel disperato tentativo di resistere, come se fosse un ancora. La sensazione dell’orgasmo è così forte che non riesco a trattenermi e le sue dita che spingono dentro di me, i suoi ansiti vicino all’orecchio e quel pollice magico che con la giusta pressione fa cose meravigliose al mio clitoride mi portano all’esplosione. Gemo forte, stringendo le gambe attorno a lui e chiudendo gli occhi per godermi lo scintillio e il fragore del mio corpo e della mia mente. Edward mi bacia il collo, le spalle, con le dita cavalca il mio orgasmo per renderlo più lungo e meraviglioso e quando sposta la sua mano comincio a sentirmi vuota.
«Aggrappati piccola.» Non capisco fino in fondo cosa voglia dire, ma mi stringo a lui: le mie gambe cercano di circondarlo, ma carnose come sono non arrivo a intrecciare i miei piedi sul suo sedere come vorrei. Le mie braccia gli circondano il collo e cerco la sua bocca, credendo che volesse solo sentirmi più vicina. Invece agile e scattante si alza dal divano con me in braccio e, sorreggendomi con le mani sul sedere, attraversa il salotto e il corridoio per andare in camera sua.
«Edward mettimi giù, sono pesante!» Ho sempre odiato quando i ragazzi mi facevano quello sguardo un po’ pietoso quando ero seduta sulle loro gambe o quando facevamo sesso e mi trovavo sopra di loro. Sembrava che il mio peso gli desse fastidio e da quel momento cercavo, disperatamente, di mettere più distanza possibile tra me e loro. Il mio corpo aveva qualche difetto, non ero la classica ragazza con misure da modella e muscoli definiti o gambe atletiche; sono più un morbido cuscino su cui dormire la notte o attutire i colpi per non farsi male. In tanti si sono divertiti a mie spese, ma ho cercato, nel tempo, di andare avanti e ignorare i commenti poco carini che arrivavano alle mie spalle. Ce l’ho sempre fatta. Quando, però, le critiche e le osservazioni arrivavano dal partener con cui stavo in quel momento, anche se non erano espresse ad alta voce, mi rendevano insicura e tremendamente triste. Non c’era altra soluzione che finirla e cercare qualcuno che non avesse problemi con le mie forme curvy. Con Edward non volevo che accadesse questo, desideravo che le cose funzionassero, che il nostro rapporto prendesse il volo e che in qualche modo costruissimo pian piano il nostro futuro insieme. O, per lo meno, era quello che pensavo nei miei momenti buoni.
Ci sono, in realtà, milioni di motivi per cui questa non può diventare una storia seria e me li ripeto ad uno ad uno nei miei momenti brutti: lavoriamo insieme, lui è il mio capo, mi ha licenziata già una volta per un motivo stupido, si fida di me e poi non si fida, è un grandissimo stronzo, ha l’umore così altalenante che batte quello di un bambino di tre anni, abbiamo troppe cose in comune del passato che ci impediscono di vivere nel presente con la mente lucida. E sono solo alcune delle ragioni.
Lui non è quel tipo di uomo che promette rose e fiori, che spera in una relazione duratura e che desidera sposarsi; è più il tipo d’uomo che invita una donna fuori per portarsela a letto, frequenta locali con la biondona di turno che gli si struscia addosso con le sue tette rifatte e, ci potrei scommettere, non dorme, solitamente, con nessuna di quelle che si scopa. Gli incubi glielo impediscono e il suo passato non fa mai parte dei suoi rapporti.
Io sogno un compagno che stia seduto sul divano con me a mangiare una pizza, che rida degli stessi film che piacciono a me, che ami Poppy come ama me e che mi stringa forte la notte, così forte da far andar via quel senso di solitudine che mi opprime il petto quando attorno è tutto buio.
Edward mi piace, nonostante il suo umore incerto, nonostante la stronzaggine che esce fuori nei momenti meno opportuni. Lui mi piace davvero. Adoro il suo sguardo accattivante, amo la sua professionalità, la dedizione al lavoro; guarderei le sue mani per ore, le dita che impugnano la penna, scrivono al computer, mandano messaggi dal telefono. Le immagino sempre più spesso che accarezzano il mio corpo e scivolano sulla mia pelle regalandomi quelle sensazioni che ho imparato a conoscere bene. Le sue labbra sono la fonte di perdizione maggiore: rosse, carnose, morbide, con la lingua che ogni tanto le bagna. Sogno, anche al lavoro, di assaporarle, di morderle, di farmi baciare lungo tutto il corpo e perdermi nel piacere che mi dona. E’ attraente, sensuale, maledettamente sexy.
Ma non sa cosa sia un rapporto di coppia, non conosce la parola condivisione né amore e sono sicura che non sappia cosa sia la monogamia. Tutto questo sta funzionando solo perché non ha ripreso i suoi ritmi normali, perché non siamo mai usciti insieme, perché non abbiamo mai affrontato un uscita in un locale fianco a fianco. Perciò, siccome sono certa che questo idillio finisca non appena la sua vita avrà ripreso il corso normale delle cose, non desidero affatto che nei suoi occhi nasca, prima del previsto, la critica nei confronti del mio corpo. Mi irrigidisco involontariamente e prima di farmi stendere sul letto se ne accorge.
«Che succede?» Cerca i miei occhi, ma mi divincolo cercando di scendere dal suo corpo e di staccarmi dal suo abbraccio. Stringe la presa sul mio sedere, per quanto la mano appena liberata dal gesso glielo permetta. Ho appena avuto un orgasmo da dieci e lode, dovrebbe essere uno dei miei momenti migliori, non posso pensare alla negatività di tutta la situazione ora. Posso lasciarmi prendere dallo sconforto a casa, tra le mura della mia camera da letto e sotto le coperte pesanti e avvolgenti.
«Seriamente Bella, cosa c’è?» Alzo lo sguardo su di lui e, come se si fosse scottato, si allontana appena, staccando il suo petto dal mio ma tenendomi ancora nel suo abbraccio. Non capisco cosa veda nei miei occhi, solitamente sono molto brava a nascondere ogni emozione, oggi probabilmente è uno di quei giorni di merda in cui le mie sensazioni fanno a cazzotti con la razionalità, finendo per batterla alla grande. Non parlo, piuttosto cerco ancora di spingermi a terra divincolandomi sul suo corpo. I movimenti della mia pelle a contatto con la sua lo eccitano e le pupille si scuriscono dal desiderio.
«C’è tutto un mondo oscuro che si sta agitando dietro il tuo sguardo. Vorrei capire cosa è successo dal salotto alla camera da letto e come diavolo è possibile che un momento così bello ti abbia irrigidito di colpo.» Adoravo e odiavo, allo stesso tempo, la sua capacità di leggermi così bene.
«Non è nulla.»
«Lo dicono tutte le donne quando chiedi loro cosa capita. Tu sei diversa e sei sempre stata abituata a dire schiettamente quello che succede. Amo questo lato di te proprio perché so che qualsiasi cosa succeda posso contare sul fatto che non me lo nasconderai.» Ama? Edward Cullen ha detto che… ama qualcosa che riguarda me? Imbarazzata e confusa abbasso la testa sulla sua spalla, combattuta se dirglielo o meno.
«Puoi mettermi giù?» Domando a bassa voce. Al posto di farmi poggiare i piedi per terra si volta sedendosi sul letto e facendomi sedere su di lui.
«Ora sei più comoda per dirmi quello che succede?» Scuoto la testa e mi rifiuto di guardarlo. Mi sto comportando come una cazzo di adolescente complessata e mi odio per questo. «Okay, allora provo a dirti cosa succede secondo me.» Mi tira i capelli, senza farmi male, per potermi guardare negli occhi.
«Tutta questa dannata situazione sta diventando più grande e pericolosa del previsto. Per entrambi. E tutti e due non siamo in grado di affrontarla. Senza contare che le cose davvero importanti sono ancora bloccate dentro una cassaforte e nessuno dei due ne ha mai parlato. Quindi alla fine conosciamo l’uno dell’altro solo una facciata e non tutta la merda che c’è dietro.» Le mie dita si serrano sulle sue spalle, sconvolta da tanta franchezza. «Per non parlare del fatto che tu per me sei la prima relazione della mia vita, di conseguenza non so come comportarmi e sono più che certo che finirò per combinare qualche stronzata che ti farà così infuriare da farti scappare a gambe levate dopo avermi dato un pugno che mi spacca il naso.» Ridacchio per la sua fervida immaginazione. Non lo picchierei mai. «Lo farò Bella, sono certo che rovinerò ogni cosa e sarà il mio rimpianto più grande.» Mi fissa negli occhi quando me lo dice e mi si stringe il cuore per la paura e la tristezza di quella ammissione. «Ma ora non si tratta di me e sono certo di non aver fatto nulla che potesse farti reagire male. Quindi c’è qualcosa che viene da te.» Le sue dita mi accarezzano il collo, rilassando interamente il mio corpo. «Tu pensi di avere qualcosa che non va, ti vergogni per il tuo corpo e pensi di spaccare la schiena ad ogni uomo che ti prende in braccio. Tiro a indovinare, eh.» Arrossisco e cerco di spostare lo sguardo ma l’altra mano abbandona il mio sedere per alzarmi il mento e fissare i miei occhi nei suoi. «Non so da dove cazzo venga questa maledetta insicurezza, né che uomini di merda hai incontrato in passato. Ma amo le tue cosce burrose e carnose che mi stringono, amo stringere la tua pelle tra le mie dita, amo appoggiare la testa sulla tua pancia e amo morderla. Per non parlare delle tue tette, le amo. Il tuo culo, poi, penso sia una meraviglia della natura, le mie mani che lo stringono e ci giocano è qualcosa di unico e ogni notte mi sveglio in un bagno di sudore perché immagino di vederti piegata a novanta sul tavolo della cucina mentre guardo il mio cazzo entrare e uscire dentro di te.»
«Sei un pervertito!» Rido appena, ma le guance diventano rosse e bollenti, sono nuda su di lui e scommetto che anche il mio collo e il mio petto hanno preso fuoco.
«No, sono pazzo di te. Pazzo nel senso vero del termine. Immagino di scoparti ogni secondo della mia giornata. Se sto leggendo un file di lavoro ti immagino mentre ti pieghi sulla scrivania a mostrarmi dei dettagli e ti sporgono le tette dalla camicetta. Se sto sul divano a guardare un dannato telegiornale ti immagino tra le mie gambe in ginocchio. Se faccio la doccia…» Lo blocco con le dita sulla sua bocca.
«Ho capito!» Divento tutta rossa e imbarazzata, questa franchezza e il suo parlare sporco mi eccitano da morire ma mi fanno sentire a disagio perché non ci sono abituata.
«Non fermarmi quando ti dico queste cose. Non farlo. E’ l’unico modo che ho per farti capire che il tuo corpo è pazzesco. Sexy. Eccitante. Te ne stai qui nuda sulle mie gambe e immagino solo di spingermi dentro di te così forte da farti urlare e da impedirti di camminare normalmente domani.» Mi copro il volto con le mani, ormai rossa come un pomodoro maturo e inevitabilmente sento la mai vagina pulsare e bagnarsi di nuovo.
Le sue mani scorrono sulla mia schiena, accarezzano il mio sedere e si portano sulle cosce, stringendole appena.
«Togli quelle mani dalla faccia e guardami. Guardami Isabella.» Un po’ riluttante faccio come mi dice e i suoi occhi esprimono tutto il desiderio che prova, l’eccitazione e la voglia che ha di me. Sembrano bruciare. Con una mano afferra il mio polso e spinge il palmo sulla sua eccitazione, un gemito scappa dalle nostre labbra in sincrono, il mio più forte del suo.
«Edward, lo so che ti eccito, me l’hai dimostrato più volte… Io… »Non riesco a continuare, le parole si spengono lungo il cammino e senza il suo aiuto muovo la mano sul suo membro, su e giù. Chiude gli occhi e appoggia la mano di nuovo sulla mia coscia, ansima e poi si schiarisce la voce.
«No, non lo sai. Se lo sapessi non ti faresti tutti questi film mentali. Se sapessi quanto ti desidero davvero non penseresti neanche per un momento che possa trovarti grassa o brutta o inadatta per me.» Devo dire che ultimamente stava diventando davvero bravo con le parole, riesce sempre a zittirmi, a farmi star bene, a trovare le cose giuste da dire in ogni momento. «Oh! Ti prego, muovi di più quella mano o fammi entrare dentro di te.» La testa gli cade all’indietro, si tiene stringendo la carne delle mie cosce con le dita e quel lieve dolore mi incendia. Fermo il movimento e fisso il suo volto, sgrana gli occhi sui miei.
«Okay… Io… Insomma mi dispiace. Ci vorrà del tempo, immagino, per arrivare a credere alle tue parole, ma voglio che entri dentro di me, adesso.» Annuisce bramosamente, spingendosi su un lato a prendere un preservativo dal cassetto. Lo infila con gesti ormai consumati e esperti, poi mi fissa negli occhi. «Sono sicura. Non chiedermelo.» Mi sorride e con una mano mi afferra il fianco per farmi alzare su di lui, mentre l’altra tiene ferma la sua asta; guida il movimento del mio corpo, fino a farmi sedere su di lui, accogliendolo completamente dentro di me. Incapace di trattenermi getto la testa all’indietro gemendo e ansimando, lui si lascia scappare un verso roco quando è completamente affondato dentro di me. E’ meraviglioso. Le sue braccia mi circondano, le mani arrivano alle mie spalle e mi tiene, mi stringe, mi muove tenendomi vicina al suo corpo e mordendomi i capezzoli, leccandoli, venerando ogni singola parte di corpo che può raggiungere.
«Dio! Isabella! Oh…» Non so se dice qualcosa di più, non so se quello che mi esce dalle labbra ha senso o sono soltanto suoni indistinti. Ma cazzo, nessuno mi ha mai fatta sentire così. «Muoviti, così. Oh sì, non smettere. Cavalcami. Scopami. Sì.» Non mi sono neanche resa conto di aver aumentato i movimenti, di essere guidata solamente dal piacere e dalla voglia di esplodere attorno a lui. Dio, vorrei urlare.
Continua a mormorare il mio nome, a grugnire, a gemere con voce roca sulla mia pelle e a lasciare morsi ovunque, io credo di fare lo stesso. Credo di gridare il suo nome quando esplodo nel mio orgasmo portandomi dietro il suo dopo solo qualche spinta. Ci spinge sul letto, mi tiene tra le sue braccia e mi fa appoggiare la testa sul suo petto, poi mi bacia la testa e sospira accarezzandomi le braccia e intrecciando le dita con le mie.
Chiudo gli occhi e mi rilasso, sono al caldo, mi sento circondata da qualcosa che ancora non so definire e mi sento protetta. E’ stato fantastico e credo che lo sappia anche lui. Credo che sia sconvolto quanto me dal fulmine che è caduto su di noi poco fa.
Non sono mai stata così bene. Mai.

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