**Note di Aly
Buonasera a tutte!!!
Buone notizie, l'influenza è passata, mi ha lasciato solo qualche residuo di tosse, ma niente di grave!
Volevo
postarvi il capitolo perchè poi non ho più tempo fino alla prossima
settimana e farvi aspettare così tanto non mi sembrava giusto.
Da domani non sarò disponibile, di conseguenza non potrò rispondere alle
recensioni nè pubblicare aggiornamenti almeno fino a martedì. Motivo
per cui devo assolutamente postarvi ora il capitolo tre anche se non è
rivisto mille volte come avevo fatto in precedenza. Spero non ci siano
troppi errori.
Leggerò comunque i vostri commenti, se e quando mi sarà possibile.
Voi lasciatemene tantissimi così avrò qualcosa da fare quando viaggio o
quando sarò tornata (e vi dovrò rispondere).
Nel frattempo vi dico cosa ho preferito io:
Dal secondo capitolo di Grido nel silenzio:
"Quando salgo nel mio appartamento Poppy mi fa le feste, mi prendo
qualche minuto da dedicargli, gli chiedo scusa per non essere stata
attenta questa mattina e poi mi dirigo in camera, sulla scrivania metto a
posto tutte le cose portate dall’ufficio e dentro ad un cassetto infilo
le dispense e gli appunti per la tesi.
Si ricomincia, dall’inizio.
Ancora una volta."
Vi lascio al capitolo.
Buona lettura, come sempre.
Buonanotte e buona settimana. Commentate, commentate, commentate.
Un abbraccio
Aly**
Sono passati esattamente undici giorni da quando sono stata licenziata dalla Cullenhale con effetto immediato. Undici giorni in cui ho contattato il mio tutor universitario per vagliare le numerose possibilità di tirocinio in altre compagnie; ho chiamato ogni giorno, eppure non ha saputo darmi una risposta neppure oggi che è l’undicesimo giorno. La fortuna è stata dalla mia parte, nonostante tutto, ho trovato lavoro in una caffetteria poco lontana da casa. Con i pasti del mezzogiorno per i lavoratori e la cameriera che si è infortunata un braccio avevano urgentemente bisogno di un aiuto. Mi sono proposta subito, con l’esperienza accumulata in un ristorante italiano durante il college mi hanno assunta immediatamente. Così inizio il turno alle sei e mezzo del mattino, per finirlo alle sedici. Faccio tutti gli straordinari possibili, dato che la paga è molto inferiore a quella del tirocinio svolto per la Cullenhale.
Ancora non so cosa succederà per il mio tirocinio, ho risolto solo il problema dell’affitto e della spesa. Un problema alla volta.
Sto servendo il pranzo a una coppia di ragazze quando riconosco una voce all’entrata che mi immobilizza. Mi volto sperando di essermi sbagliata e invece eccola lì. Rosalie Hale. Bruce mi chiama di fretta e mi dice di farli accomodare, così libero il primo tavolo a portata di mano e gli faccio segno di prendere posto. E’ insieme a due uomini e una ragazzina. Immagino che sia stata proprio lei a scegliere questo posto, perché se fosse stato per Rosalie l’avrebbe evitato come la peste. Porto loro i menù e sorrido cordiale, servo ad ognuno un bicchiere d’acqua e lascio la caraffa nel mezzo, poi torno agli altri clienti. Ammetto che averla nel locale mi destabilizza, in fin dei conti è il mio ex capo.
Quando uno dei due uomini mi chiama per prendere le ordinazioni al loro tavolo devo fare un grosso respiro, le mani mi tremano.
“Signori avete deciso cosa ordinare?”
“Certamente, per me un sandwich al doppio formaggio, una coca e una insalata della casa.”
“Per me invece una cesar salad con un bicchiere d’acqua frizzante e del pane di segale. La ragazza prende un hamburger con patate fritte e una coca!”
“Per me un sandwich vegetariano integrale con un bicchiere di bianco fermo e una coppa di frutta.”
“Arrivo subito!”
Adesso capisco come fa a mantenersi in linea. Sandwich vegetariano integrale e frutta a mezzogiorno. Durante la giornata lavorativa corre da un ufficio all’altro sui trampoli e probabilmente quando ha tempo si allena in palestra. Io che invece amo la carne e le patate fritte devo combattere con la pancia e le cosce in carne. Giustamente. Dovrei prendere esempio da lei.
Il cuoco dispone i piatti in un grande vassoio e li porto velocemente al tavolo.
“Isabella, mi stupisce il tuo equilibrio!” Resto stupita dalla sua costatazione, in fin dei conti non aveva dato segno di conoscermi prima di adesso.
“Anni ed anni di esperienza, Rosalie!” mormoro servendole il suo pranzo e continuando a lasciare giù gli altri piatti.
“Puoi prenderti una pausa quando abbiamo finito il pranzo? Vorrei parlarti di una cosa.”
“D’accordo!”
Il loro pranzo si protrae per un’ora e mezza e l’ora di punta degli studenti che terminano le lezioni e passano per un break veloce si fa carica di lavoro.
Rosalie aspetta in un angolo del bancone con una tazza di caffè tra le mani e non accenna ad andare via, sfreccio da una parte all’altra del locale, mi destreggio dietro al bancone e mi dimentico di mangiare. Quando finalmente la folla si esaurisce restano solo due anziani a godersi il loro frappè, un gruppo di liceali che studiano in un tavolino appartato e Rose al bancone. Afferro il primo sandwich disponibile in cucina, un pezzo di pane e mi dirigo al suo fianco.
“Allora, di cosa volevi parlarmi?”
“Mi servono delle dritte per due progetti.” La guardo come se le fossero spuntate due orecchie da asino e il naso di Pinocchio tutto nello stesso momento.
“Scusa?”
“Hai capito, non lo ripeterò!” Si volta per prendere dalla borsa delle slide e passarmele. “Volevo darle a Jasper perché te le portasse, ma ti ho trovata quindi te le consegno di persona.”
Le spulcio con una mano mentre con l’altra tengo il panino e continuo la mia pausa pranzo.
“Okay, questo è in pratica il mio lavoro.”
“Sì, come puoi vedere dopo undici giorni è fermo ancora nello stesso punto. L’altro invece è una cosa più delicata. Non riusciamo a capire quale sia l’errore che ci sfugge, o qualcosa che manca o… Sinceramente non lo so.”
“Rosalie, apprezzo questa… cosa, ma sinceramente non capisco perché vieni da me. Non lavoro più per voi, non ho intenzione di portare a termine questi progetti o aiutarvi.”
“Ti pago, ti pago di tasca mia se riuscirai a venirne fuori entro il prossimo lunedì.”
“Non se ne parla!”
“Isabella, stiamo parlando di cinquemila dollari. La parcella che ti spetterebbe per ogni progetto completo, per farne metà di uno e per venire a capo di un problema ti pago la cifra intera. Quando ti paga questo posto?” La guardo desolata. “Già. Neanche io mi aspettavo che Edward ti cacciasse, diciamocelo sei il miglior elemento acquisito grazie a questo tirocinio. Eppure ha fatto una cazzata e nonostante i giorni passano e lui è sempre più con la merda al collo riesce a non ammettere i suoi errori. Ora, per favore, sono qui umilmente a chiederti aiuto perché sono due dei clienti più promettenti che abbiamo sulla scrivania, se non dovessimo riuscire a portare a termine questi due affari possiamo benissimo dire addio a benefit, primo posto in classifica, feedback positivo e nuove entrate. So che probabilmente non te ne frega nulla, dato che Edward ti ha licenziata, ma ti prometto che nel momento in cui ci saranno i premi Natalizi determinerò anche la tua parte e ti farò avere l’assegno.”
“Siete così disperati?” Mormoro guardandola con un sopracciglio alzato.
“Edward ha sedici progetti sulla scrivania, ne porta avanti uno al giorno, poi torna indietro perché ha nuove idee, poi si ferma, poi sclera con tutti i suoi dipendenti e Irina fa del suo meglio per rendergli la vita impossibile ultimamente. In sostanza tutto ciò che dovrebbe fare lui l’ho assegnato a diverse persone. Angela, per esempio ed Emmett, sono i più validi. Alcuni progetti li ho presi in carico io, ma questi due proprio non sapevo cosa farne, lasciare fare a Edward vorrebbe dire mandarli al declino, ho bisogno di una mano.”
“Lo capisco Rosalie, davvero ma…”
“So che lavori qui solo fino alle quattro, immagino che tu sia stanca nel momento in cui torni a casa e che probabilmente avrai l’altro progetto di tirocinio da portare avanti, ma devi aiutarmi.”
Scuoto la testa, sono molto confusa e non so se accettare o meno. Guardo le dispense appoggiate sul bancone, mesi fa avrei fatto i salti di gioia, anche fino a qualche settimana fa avrei festeggiato. Ora come ora è un lavoro in più per la società che mi ha rovinato la vita, per l’ennesima volta.
Alzo lo sguardo su Rosalie e sono decisa a dire di no quando parla per prima.
“Okay, hai ragione. Alzo la posta. Ti pago sei mila dollari, sei mila Isabella, più il premio Natalizio e la mia disponibilità per la tesi!” Se è disposta a pagarmi di più è davvero messa male.
“Sei mila e cinque, dato che non ho bisogno della tua disponibilità per la tesi.”
“Perché?”
“Sono fuori dal programma del tirocinio. Nessuna azienda è disposta ad assumermi solo per otto mesi, dividere il programma con la società precedente e essere citati in una tesi che viene fatta principalmente con il lavoro in un’altra società. Sono giorni che cerco una soluzione insieme al tutor. Si dovrebbero ricominciare i due anni di tirocinio daccapo e vorrebbe dire uscire dal corso di studi di più di un anno e mezzo. No, non è possibile. Quindi sei mila e cinquecento dollari, più il premio di Natale.”
“Affare fatto! Per lunedì deve essere tutto sistemato!” Afferra la borsa, scende dallo sgabello e mi allunga un biglietto da visita. “Se hai qualche problema chiamami al cellulare, anche se sono convinta che saprai arrangiarti. Lunedì a pranzo ci vediamo qui. Buona giornata e buon lavoro Isabella!”
Non posso fare altro che salutarla con la mano e sfogliare per l’ennesima volta le dispense. Sono passati undici giorni e Edward è in mezzo alla merda. Dovrei esserne felice, dovrei ridere e saltellare dalla contentezza, perché in fondo se lo merita. E invece non mi sento per nulla realizzata. Sospiro portando le dispense nella borsa dentro l’armadietto e tornando al lavoro. Questa sera avrò il mio bel lavoro da fare.
Ed è davvero così che passo gran parte della serata e tutto il pomeriggio. Ricerche su internet, idee, lettura e rilettura delle dispense, fino a quando il brontolio del mio stomaco non mi distrae. Apro il frigo per vedere cosa c’è di commestibile e veloce da preparare, ma la bottiglia di latte, le tre birre e l’uovo solitario mi ricordano che ho dimenticato di fare la spesa questo pomeriggio. Perfetto. Sono già convinta a chiamare il ristorante cinese all’incrocio quando il citofono suona due volte. “Chi è?”
“Jasper!”
Gli apro, ormai è diventata un’abitudine, lui che citofona e che passa a trovarmi almeno due volte a settimana. Porta il gelato, una torta o la pizza e passiamo qualche ora a chiacchierare. Potrei dire che ha una missione, quella di portarmi a letto, se le chiacchiere non fossero completamente senza malizia e doppi fini.
“Ehi, non ti eri dimenticata che questa è la nostra serata, vero?”
“Jasper, sono passati undici giorni e già pretendi di avere una nostra serata?”
“Prematuro?”
“Decisamente!”
“Neanche se ho portato un gran bel sandwich al pastrami e salsa piccante con due birre gelate?”
“Penso che questa sia decisamente la tua serata fortunata, agente!”
“Bene, libera la tavola e diamo il fondo a questo ben di Dio!”
Come ogni altra serata passata in sua compagnia il tempo vola, mi chiede dei miei studi, dei miei amici, della mia giornata. Lui mi racconta qualcosa di quando erano piccoli, della testardaggine di sua sorella, delle amicizie che ancora si porta dietro dopo tutti questi anni. E’ bello parlare con lui, è rilassante quasi come parlare con Alice.
“Rose mi ha chiamato alla fine del turno, mi ha chiesto se sarei passato da te in questi giorni.”
“Immaginavo. Vuole una conferma che sto lavorando ai due progetti che mi ha lasciato oggi a pranzo!”
“Spiegami!”
Inizio a raccontargli ogni cosa, dalla loro entrata nella caffetteria fino a quando sua sorella non mi ha lasciata da sola a continuare il mio turno di lavoro.
“Sei riuscita a contrattare con lei, a farti alzare il prezzo, alle tue condizioni. Era proprio disperata.”
“Già, lo credo anche io. Se ogni lavoro che Cullen voleva portare a termine è a questo punto credo che ne abbia anche tutte le motivazioni.”
“Chissà cosa è successo a Edward…”
“Non lo so Jasper, devo ammettere che erano un paio di giorni che lo vedevo strano, alle riunioni era distratto e dovevamo ripetere le cose più volte, per non parlare dei comandi che abbaiava con rabbia anche senza motivo.”
“E non parliamo del solito Edward?”
“In realtà no. Ti giuro, quando ho iniziato a lavorare lì era professionale, determinato, uno squalo degli affari, un genio del marketing. Le sue idee salvavano progetti destinati a restare in attesa e parcheggiati nei cassetti per settimane. Talvolta ti chiamava il sabato mattina per correre in ufficio e fare un briefing d’urgenza perché aveva avuto un’idea geniale. Quelle telefonate mi mancano, devo confessarlo.”
“Sei seria?” Mi guarda con una faccia sconvolta.
“Si perché?”
“Telefonate all’alba di un giorno di riposo, dal tuo capo, per correre in ufficio, ti mancano?”
Mi stringo nelle spalle e gli mostro il tavolino di fronte al divano dove si trovano ancora i fogli, gli appunti, il computer e tutto ciò che ho lasciato per cenare con lui.
“Nonostante abbia alle spalle una giornata di lavoro, questo è ciò che mi piace fare. In più, era una grande opportunità lavorare per loro, perderla mi ha messo in grandi difficoltà.”
“Hai parlato con il tutor?”
“Sì, questa mattina mi ha dato l’ennesima risposta negativa. L’unica soluzione è ricominciare dall’inizio un nuovo tirocinio in una società diversa, cambiare tesi, cambiare progetto e rimandare il tutto di due anni. Impensabile.”
“Quindi cosa succederà?”
“Oltre a perdere la borsa di studio che mi garantiva l’affitto e le spese sanitarie, ho perso tre anni di specializzazione.”
“Cazzo.”
“Puoi ben dirlo.”
“L’hai detto ai tuoi?”
“Veramente non ancora, mia madre mi ha chiamata un paio di giorni fa esaltata perché la figlia di Phil tornerà a casa per le vacanze autunnali e lei vuole prepararle la torta di zucca di cui io vado matta. Non me la sono sentita di darle una notizia spiacevole. In più sono grande e vaccinata, la mia vita me la gestisco come mi pare.”
Sospira e si alza per sbarattare la sua tovaglietta. Toglie il bicchiere, il piatto e l’involucro del panino; si gira a guardarmi appoggiato al mio lavello.
“E tuo padre?”
“Mio padre cosa?”
“Gliel’hai detto?”
“Lo sa.”
“E come ha reagito?”
“Veramente… non l’ho capito. Penso sia deluso, ma non è stato di grandi parole.”
“Capisco.” Mi osserva preoccupato poi scuote la testa riccioluta e sorride appena. “E’ il caso che io vada, domattina ti alzi preso e io devo prendere servizio alle cinque, mi hanno cambiato il turno per una sostituzione!”
“Cavoli, vai a dormire! Ci vediamo appena è possibile!”
“Buonanotte Bella.” Lo saluto e chiudo la porta a chiave, Poppy arriva con la sua lentezza e pigrizia e si stende sul tappeto davanti al divano. La raggiungo prendendo in mano la dispensa di Newton e cercando di andare avanti con il lavoro.
Lavoro pagato sei mila e cinquecento dollari. Soldi che dovrò mettere da parte per quando sarà necessario, perché lo stipendio da cameriera non mi permette di fare grandi cose.
E’ sabato sera, mancano due giorni all’incontro con Rosalie e sono abbastanza certa di aver fatto un buon lavoro. Ogni minuto libero mi mettevo a lavorare, creare, pensare fino ad aver concluso buona parte del progetto Newton. L’altra dispensa l’ho spulciata da cima a fondo, ho trovato qualche idea alternativa, ma l’errore o ciò che manca a questa proprio no.
Sono pronta a starmene tutta la serata sul divano a lavorare, ma non ho calcolato la vena festaiola di Alice. Un suo messaggio mi da appuntamento in un locale a quattro isolati da qui fra un’ora. Devo cambiarmi, truccarmi e iniziare ad avviarmi se voglio trovare parcheggio. Il sabato sera quel posto è sempre affollatissimo ed è difficile, il più delle volte, trovare un buco per parcheggiare.
Indosso il mio abitino verde smeraldo, scarpe lucide nere e pochette coordinata. Bado bene di avere la patente, i soldi, tesserino sanitario e telefono all’interno della borsetta, prendo lo scialle e mi avvio verso il sotterraneo.
Con il traffico serale e l’ammasso di gente che c’è fuori dal locale ci metto quasi trenta minuti prima di riuscire a parcheggiare. Mi avvio all’entrata e scorgo Alice in piedi di fianco a Jasper mentre chiacchierano molto vicini. Che sta succedendo?
Mi avvicino di più alla coppia e mi schiarisco la voce.
“Ehilà!”
“Ce l’hai fatta!”
“Sì, ciao Jasper!”
“Ciao Bella!”
“Angela e gli altri?”
“Seth sta aiutando Emmett con un lavoro, Angela sta aiutando sé stessa con un lavoro. Pare che Rosalie abbia distribuito dispense super costose e importanti a quei due perché Cullen non è in grado di lavorare da qualche settimana a questa parte!” Annuisco, ben consapevole della situazione. Devo ancora aggiornarla sul fatto che Rose ha fatto la stessa cosa con me, eppure al momento non mi preme.
“Che ci fai qui?” Mi rivolgo a Jasper.
“Ho accompagnato James, aveva voglia di bersi una birra in compagnia, tradotto nella sua lingua vuol dire accompagnami in un bar ad accalappiare qualche ragazza da portarmi a letto e assicurati che non beva troppo!”
“Wow, ti aspetta una serata a dir poco interessante!” Rido insieme ad Alice mentre ci avviamo verso l’entrata.
“Non girare il dito nella piaga, ti prego. Ho finito da due ore un turno di quindici ore, dovevo sistemare l’ufficio e l’archivio, non vedevo l’ora di gettarmi sul divano e dormire fino a domattina. Sto stronzo è in riposo domani, io no!”
“E allora vai a casa e lascialo qui!”
“Naaa, io e James siamo amici da anni, non posso fare una cosa del genere!”
Entriamo nel locale e cerchiamo un tavolino in cui sederci. Solitamente nelle nostre serate tra donne Alice non tollera che ci siano interruzioni, a quanto pare Jasper non la disturba.
“Cosa bevete?”
“Io una birra”
“Io anche, devo guidare e non vorrei mai trovare qualche poliziotto sulla via del ritorno. Non ho soldi per pagare altre multe!”
“Ehi Robert ha stracciato quel verbale!”
“Lo so, ma già solo l’idea di sborsare soldi per pagare una multa mi mette paura.”
“D’accordo.”
“Vado a prendere da bere al bar, ho visto anche una tizia che conosco, così la saluto.”
Quando Alice è abbastanza lontana mi volto verso Jasper e lo inchiodo alla sedia con lo sguardo. Uno di quegli sguardi che intimoriscono chiunque.
“Che ho fatto?” Si mette subito sulla difensiva.
“Non lo so, dimmelo tu.”
“Non so a cosa ti riferisci”
“Ne sei sicuro?”
“Sì, e piantala di guardarmi in quel modo.”
“Vuol dire che ti senti colpevole di qualcosa. Hai qualcosa da dichiarare Jasper?”
“No!”
“Che succede tra te e Alice?”
Sgrana gli occhi e si volta da una parte all’altra del locale per controllare non so cosa. Poi si fissa con lo sguardo sulla mia amica che sta chiacchierando al bar con una bionda ossigenata dalle tette rifatte. Alice porta i tacchi alti e indossa un vestito rosso aderente, ma la biondona la supera di almeno trenta centimetri e la sovrasta con le sue curve. Alice sembra una bambina in confronto.
“Sto aspettando!”
“Lo vedo, ma non ho nulla da dirti!”
“Certo e io sono la fatina dei denti! Jasper non sono nata ieri.”
“D’accordo! D’accordo! Le ho chiesto di uscire.”
“Wow. Quando?”
“Tre sere fa. Ho rubato il suo numero dal tuo cellulare in un momento in cui eri in bagno e l’ho chiamata tre sere fa.”
“Jasper! Dannazione non si fa!”
“Chiederle di uscire per telefono?”
“Rubare il suo numero dal mio telefono di nascosto!” Si stringe nelle spalle e controlla che Alice sia ancora ben lontana. “E cosa ti ha risposto?”
“Ha detto di sì subito, poi ci ha ripensato ed ha detto che è meglio lasciare le cose come stanno. Ha parlato di rovinare amicizie, di tagliare rapporti, perdere casa e lavoro… Insomma non ho capito bene. Prima stavo indagando ma devo ammetterlo, tra te e lei sta diventando difficile capirci qualcosa.”
“E cosa c’è da capire su di me?”
“Vorrei sapere perché Robert non parla mai di tuo padre quando gli faccio qualche domanda, vorrei sapere il motivo per cui con tante domande non hai mai parlato di tuo fratello, e vorrei sapere come diavolo è possibile che lasci andare un futuro così importante solo perché la Cullenhale ti ha lasciata con il culo per terra. Questo vorrei sapere.”
“Okay, concentriamoci su Alice, non ti ha ancora dato una risposta certa, quindi?”
Mi guarda negli occhi per diversi secondi, forse più di un minuto. Mi aspetto che inizi il contrattacco, che ricominci con le domande, che insista. Invece sbuffa e annuisce. “Allora lascia fare a me, poi mi ringrazierai!”
Faccio appena in tempo a dargli un pugnetto amichevole sulla spalla che Alice ci raggiunge al tavolo con le nostre ordinazioni.
“Ehi chi era quella biondona?”
“Stacy. Eravamo nella stessa classe di matematica e letteratura al liceo. E’ sempre stata così, quindi se vi chiedete cosa abbia da dire una come me ad una come lei… beh tenetevi il dubbio.”
Le faccio la linguaccia e bevo il primo sorso di birra.
“Avanti non puoi tenerci all’oscuro. Diccelo!”
“E va bene, solo perché ho già avuto a che fare con lei e non intendo farmi pregare da te all’infinito. Mi scoppia la testa. Comunque settimane fa suo fratello è rimasto a piedi con l’auto in George Street, proprio sotto casa mia, sono stata magnanima e gli ho fatto usare il telefono di casa. Ha lasciato da me il tesserino del lavoro, così il giorno dopo sono andata a casa di Stacy, dato che non sapevo dove abitasse suo fratello, e l’ho lasciato a lei.”
“Okay, e tutto questo cosa c’entra con stasera?”
“Suo fratello mi sta tampinando di telefonate per invitarmi a cena, lei gli ha dato il mio numero di telefono ed io sto davvero iniziando a stufarmi di tutto ciò. Per cui le ho garbatamente detto che deve intimare a suo fratello di smetterla o le striscio la macchina e le stacco le extension e tutti i capelli. Penso che abbia capito comunque.”
“Alice!” Scuoto la testa prima di prendere un altro sorso di birra. “Perché non me l’hai detto prima?” Lei alza le spalle e fa un gesto con la mano per intimarmi di smetterla, che non è importante. Non è importante questa beata cippa.
“Jasper diglielo tu che minacciare così una donna non è per niente corretto!”
“Io mi soffermerei piuttosto all’insistenza del tizio. Se ti da fastidio anche dopo questa sera gradirei che me lo facessi sapere. Potrei fargli una visitina e vedere se risolviamo la questione una volta per tutte!”
“No grazie, so difendermi da sola Jasper!”
“Oh ma cos’hanno le donne del duemila contro l’uomo che le difende!” Beve quasi tutta la sua birra e poi sbatte la bottiglia sul tavolino. “Non lo faccio perché non credo tu sia in grado di difenderti, dannazione! Lo faccio perché sono un uomo, sono un rappresentante della legge e perché se posso difenderti lo faccio volentieri senza che ti metti in pericolo tu, idiota!”
“Idiota tu!”
“Cominciamo bene la serata, ragazzi! Senti Alice, se con il fratello della tettona biondona non vuoi uscire è perché di sicuro avrai qualcun altro con cui spassartela, no? E’ sempre stato così per te!”
“Non è un cazzo vero, stronza!” La guardo scandalizzata e apro gli occhi più volte, per fare scena.
“Scusa? Non eri tu quella che lo scorso anno è uscita con sei uomini in una settimana?”
“Che puttana che sei!”
“Perché ti offendi tanto?”
“Lo sai anche tu che non è successo niente e in quel periodo mi serviva un ragazzo adatto a presentarlo a mia madre! Ho fatto dei provini!”
“E alla fine ha vinto quel tale, Lucas. Gran bel pezzo di manzo quello! Aveva spalle solide, occhi azzurri, pelle abbronzata e muscoli da muratore. Gran bell’uomo!” No, non mi sono dimenticata che Jasper vuole uscire con Alice, ma visto il comportamento della mia amica ho capito che Jasper le interessa in qualche modo, se no non avrebbe mai nascosto una cosa del genere.
“Niente di che. Infatti è finita dopo averlo presentato a mia madre!”
“Allora, chi è il fortunato di questo periodo?”
“Mi stai facendo passare come la troia di turno, Bella e sai quanto mi girano le palle quando la gente giudica i miei atteggiamenti.”
“Io non ti giudico!”
“Lo stai facendo, per giunta davanti ad altre persone e in pubblico. Qualcuno potrebbe sentirti.”
“Ti vergogni forse?” Alzo le spalle imitandola nel movimento di prima.
“Non c’è nulla da vergognarsi perché stai descrivendo atteggiamenti completamente sbagliati.”
“Giusto. Allora chi è il tizio di adesso?”
“Dio, quanto ti odio!” Si alza dalla sedia con la sua birra in mano e cammina veloce verso ai bagni. Mi volto verso Jasper con un gran sorriso e batto un pugno leggero sulla sua spalla.
“Bene, non sta uscendo con nessuno, le rompe che qualcuno le chieda di uscire insistentemente, ha ovviamente un problema da risolvere con questo tizio, e la disturba che la metta in cattiva luce con te. Direi che è più che interessata. Fai le mosse giuste e la porterai a cena prima della fine della settimana prossima.”
“E’ stata davvero con tutti quegli uomini?”
“No Jasper. No. Alice non ha una storia seria da circa tre anni. Ha provato ad uscire con qualcuno nell’ultimo periodo ma sono tutti noiosi, tutti appiccicosi e non adatti al suo temperamento. Ha avuto tanti appuntamenti ma nessuno è mai arrivato più in là del terzo. Ho solo toccato un punto che sapevo poteva dolere davanti a te.”
“D’accordo. Hai consigli da darmi?”
“Odia il romanticismo banale, un po’ come me, niente frasi copiate dai film, niente primo bacio alla francese con tanto di lentezza, musica di sottofondo e smancerie varie. E’ decisamente più pratica, anche se ama le cose belle. Una cosa che ama sono i fiori, più colorati sono meglio è. Potresti regalarle un mazzo di margheritoni colorati, gambo rigorosamente lungo, e allegarle un bigliettino con qualcosa del tipo: “Dicono che l’attesa viene ripagata, io spero solo di non attendere a lungo perché se no ti vengo a prendere e ti ammanetto a me!”” Sghignazzo dopo aver dato enfasi alla frase e lui ride con me.
“Può funzionare?”
“Non lo so, credo sia un’opzione valida. Buttati. Ma ti prego fammi sapere come va perché sono curiosissima!” Ride e mi prende in giro fino al momento in cui Alice torna al tavolo con uno sguardo un po’ scioccato.
“Okay mi stai preoccupando, che succede?”
“Stacy, la biondona tettona rifatta… “
“Sì”
“E’ seduta sulle gambe di Cullen. Edward Cullen. Laggiù in fondo!” Tiro il collo per vedere nella direzione che mi indica ma non riesco a vedere niente.
“Okay devo andare in bagno e guardare con i miei occhi!”
“Tu non farai niente del genere. Te ne starai qui buona fino alla fine della nostra bevuta e quando sarà ora ce ne andremo insieme.”
“Perché?”
“Perché sei una combina guai e io il lavoro voglio tenermelo!” Jasper scoppia a ridere mentre io mi imbroncio. A volte è una tale stronza!