**Note di Aly
Buonasera a tutti/e! Chiedo perdono per l'immenso ritardo e per non aver
risposto alle recensioni. Purtroppo sono sorti degli impegni che mi
hanno tenuta occupata. Anche se il capitolo era pronto non riuscivo a
trovare un buco di tempo per postare.
Il mio pezzo preferito dello scorso capitolo:
Dal capitolo otto
«Okay, hai vinto. Ti rivoglio nel team.
Licenziarti è stato un errore colossale. Hai idee brillanti, sei
sveglia, instancabile, hai un approccio al cliente fresco, rilassato ma
sei professionale, determinata ed è un piacere lavorare con te!» Mi
volto sorpresa e i nostri sguardi finiscono uno nell’altro. Mi avvicino
al letto fino a fermarmi davanti al suo viso.
«Ripetilo!» Mi sorride alzando solo un angolo del labbro e chiudendo appena gli occhi.
«Sei una bastarda a volte, sai?»
«Allora sembra proprio che abbiamo qualcosa in comune. Ripetilo!»
«Ho detto che ti rivoglio nel team!»
«Anche tutto il resto!» Mi sorride, mi sorride davvero e credo di sorridere anche io perché sento la pelle del volto tirare.
«Sei in gamba, brillante, professionale, determinata, instancabile, e
lavorare con te è una garanzia. Ho sbagliato a licenziarti.» Lo mormora
solo perché siamo vicinissimi e i nostri nasi quasi si sfiorano. «Ora
firma!» Mette in mezzo tra i nostri volti la cartellina gialla e
ridacchio afferrandola.
Firmo negli appositi spazi e alzo gli occhi su di lui consegnandoli la cartelletta.
«Bentornata nel team, Isabella!» Il tono dolce con cui lo dice mi scalda
il cuore e solo in quel momento mi rendo conto di quanto siamo stati
vicini un attimo fa.
Detto ciò state all'occhio che pubblicherò anche le nuove OS.
Un abbraccio, buona lettura.
Aly**
Dopo un mese a lavorare in caffetteria, dove la sveglia suonava alle
cinque meno dieci minuti, alzarmi alle sei e mezzo mi è parso un sogno.
Mi sono svegliata in anticipo perché ero talmente carica di adrenalina
che non riuscivo più a stare sdraiata. Sono scesa di fretta e, salita in
macchina, mi sono diretta alla Cullenhale sempre più motivata. Quando
sono arrivata alla sede Joe mi ha fatta entrare e mi ha mandata da Alice
con un badge provvisorio, che Alice ha prontamente sostituito con
quello ufficiale che avevo prima. Alice mi ha chiesto scusa per non
avermi telefonata, mi ha detto che non era dalla parte di Angela ma che
credeva mi stessi staccando da loro, le ho spiegato le mie motivazioni e
abbiamo sotterrato ogni malumore mentre sorseggiavo un caffè del
distributore automatico. Ecco l’unica cosa che non mi è mancata di
questo posto, quella brodaglia schifosa che chiamano caffè. Ci siamo
fatte dieci minuti di chiacchiere prima che salissi al piano dove c’era
il mio cubicolo. Ho risistemato le mie cose, i miei fascicoli, la mia
pinzatrice, i post-it e la foto della mia famiglia. Poi ho acceso il
computer e mi sono messa a passare i file dalla pennetta e a cambiare
quel freddo e antipatico screensaver. Angela mi ha raggiunta alla
postazione quando avevo terminato, mi ha lasciato alcune dispense con
decine e decine di post-it e una tazza di caffè fumante presa dal bar
all’angolo. Mi ha dato il bentornata e poi si è chiusa nel suo ufficio
per iniziare la mattinata. Io avevo l’incarico più importante alla prima
voce della lista. Chiamare Newton e risolvere il casino con lui. Dopo
insistenti telefonate alla sua segretaria sono riuscita a raggiungerlo.
Gli ho spiegato che io ero momentaneamente fuori sede e che ho lavorato
al progetto a distanza, mandando ogni nuova postilla e idea a Edward che
approvava e aggiungeva idee al progetto. Mi sono inventata di non
essere stata raggiungibile perché ero fuori sede per problemi familiari
urgenti, che Irina non ne era a conoscenza e che Angela è la vice di
Edward e Rosalie in questo momento, per cui non si deve preoccupare se
il progetto è arrivato alle sue mani.
L’ho rigirata il più possibile e alla fine si è convinto a dare conferma
della sua presenza per il giorno seguente. L’ho segnato in agenda
elettronica, ho prenotato la sala e ho chiamato Irina per avvertirla di
tenersi alla larga.
Poi mi sono messa a guardare le dispense che Angela aveva portato sulla
mia scrivania. Erano alcuni dei progetti che Cullen aveva lasciato a
metà e che non aveva più mandato avanti, la scadenza era a breve per
tutti quelli. Per fortuna erano imprese di piccole dimensioni, o piccole
società che non richiedevano grandi sforzi. Dopo tre ore ero finalmente
libera dalle carte e pronta per affrontare il primo problema della
giornata. Dare una fine ad almeno uno di quei lavori. Leggendo le varie
idee di Cullen la mia mente ha macinato, macinato e macinato finché non
ha trovato l’idea vincente per due dei progetti. Ho buttato giù una
mappa delle idee per non perdere niente e nel frattempo rispondevo alle
telefonate interne che mi venivano passate. Alice mi ha portato un
sandwich al tacchino e insalata verso l’una e mezza, Emmett mi ha
lasciato una tazza di caffè con occhiolino alle due e mezza, mentre Seth
era impegnato a mandare messaggini per pensare ad un gesto carino di
bentornata per me!
Alla fine mi sono alzata dalla scrivania alle sette e mezzo. Ben oltre
il mio orario di lavoro alla caffetteria, ma ero soddisfatta e serena.
Ho infilato le dispense nella borsa del portatile, raccolto le ultime
cose dalla scrivania ed ho salutato Angela prima di andarmene.
“Passi da Edward stasera?” Mi chiese.
“Sì, ha detto che dobbiamo stabilire alcune cose per la riunione di
domani. Probabilmente vorrà farmi imparare a memoria tutta la
storiellina da raccontare a Newton per essere sicura che non vada fuori
dagli schemi!”
“Puoi portargli questi? Sono delle carte che deve firmare, Irina le ha
messe sul mio tavolo ma non posso prendere queste decisioni.”
“Va bene, c’è altro?”
“No, vai pure. Io ho un’altra mezzora e poi vado a casa. Hai… hai visto Seth uscire?”
“Sì, circa alle sei.”
“A domani Bella!” La saluto e scendo di corsa al parcheggio. Alice
stacca il turno alle sei da quando ognuno ha iniziato a fare gli
straordinari, il suo orario normale era fino alle cinque. Scommetto che
prossimamente dovrà aumentare di un’altra ora il suo straordinario, se
vogliamo dare appuntamento a tutti i clienti che sono in sospeso.
Per arrivare in ospedale sono costretta a deviare più volte per strade
secondarie, colpa del traffico, ma questo mi permette di passare davanti
a una pizzeria d’asporto italiana che non ricordavo ci fosse. Ho
fermato bruscamente l’auto in un parcheggio e mi ci sono fiondata. Tutta
contenta ne sono uscita con due pizze e due aranciate.
Quando entro nel reparto le infermiere mi guardano sorridendo.
“Signorina Swan!”
“Salve a tutte! Come si sente Edward oggi?”
“Bene, è anche meno scorbutico del solito. Si rifiuta di mangiare però, a
pranzo il suo amico è riuscito a fargli mangiare il polpettone, stasera
non ne ha voluto sapere del riso!”
Ridacchio e ricordo la frase detta qualche giorno fa da Edward. “Odio farmi imboccare!” Poveretto.
“Vediamo se riesce a mangiare qualche fetta di pizza!” Le saluto e busso alla porta prima di entrare.
“Ciao, posso?” Mi sorride appena. “Sono passata per Newton, non sto qui molto però!”
“Non preoccuparti! Non ho nessun impegno, io! Voi invece mangerete le
pizze fredde!” Indica con la testa i cartoni tra le mie mani. Appoggio
tutto quello che ho sul tavolo e mi metto a sistemare ciò che mi serve.
Sposto il vassoio con la cena di Edward sul tavolo, e lo sostituisco con
i cartoni delle pizze e le due aranciate. Poi dalla borsa prendo il
portatile e le dispense.
“Ehi, che fai?” Mi chiede quando apro il cartone con la sua pizza.
“Ho fame! Oggi non ho mangiato molto a pranzo, ero presa da alcune cose
di cui dopo dobbiamo parlare. Così mi sono fermata a prendere due pizze.
Spero che funghi vada bene per te, non sapevo cosa preferisci!” Mi
guarda con gli occhi sgranati.
“E’ per me la pizza?”
“Certo, pensavi che mangiassi da sola?” Alza le spalle e ridacchio. “Sai
cos’ha di bello la pizza?” Scuote la testa. “Che ti puoi arrangiare a
mangiarla perché serve solo una mano!” Gli strizzo l’occhio e lui
scoppia a ridere. Facendo i movimenti più delicati possibili appoggio la
pizza sul suo stomaco e alzo un pochino di più il materasso. Gli chiedo
se ha fastidio alle ferite ma sorridendo dice di no. Guarda la pizza
come se fosse la cosa migliore che gli capita da secoli e devo ammettere
che dopo le minestrine, polpettoni e verdure al vapore lo penserei
anche io.
“Cosa aspetti?” Era titubante e stava cercando di capire come prendere la fetta probabilmente.
“Non dirmi che sei uno di quelli che mangia la pizza con coltello e
forchetta. Ti prego, non dirmelo!” Enfatizzo il mio disprezzo
congiungendo le mani come in preghiera e lui ridacchia.
“Veramente no. Amo mangiarla a piedi scalzo sul divano, con una
bottiglia di birra e un tovagliolo per pulirmi le dita quando fanno
proprio schifo!” Rido scompostamente seduta sul materasso di fianco a
lui.
“Pazzesco, sei normale anche tu allora!”
“Sì, così pare!” Sorride e poi decide di prendere la prima fetta. Le
osserva bene una per una e mi accorgo che ha il mio stesso vizio. Mangio
in silenzio fino all’ultima fetta, si gira a guardare il mio cartone
ormai con l’unico pezzo e poi alza gli occhi su di me. “No, non
dirmelo…”
“Sì, a quanto pare abbiamo due cose in comune!” Lo interrompo sghignazzando.
“Mangi prima le fette che hanno meno ripieno e lasci la più succosa alla fine!”
“Che vuoi farci, è un vizio!” Alzo le spalle mordendo l’ultima fetta e in meno di trenta secondi è finita anche quella.
“Penso che sia la cosa più buona che ho mangiato da molto, molto tempo!
Devi dirmi dove si trova questa pizzeria, perché vicino al mio
appartamento non ce ne sono di così buone!” Gli allungo il biglietto da
visita che ho rubato alla pizzeria e strizzo l’occhio pulendomi le mani.
“Abbiamo un po’ di cose da fare! Angela mi ha dato dei documenti che
devi firmare e che Irina ha ben pensato di dare a lei, poi dobbiamo
accordarci per Newton e ho anche alcune idee di cui volevo discutere con
te. Sei pronto?”
“Certo!” Sposta le gambe per farmi più spazio e io appoggio il computer
sul letto avvicinando la sedia a lui. Mentre cerco i file di oggi lui
legge i fogli che gli ha mandato Angela.
“Okay, hai un post-it?” Tiro fuori dalla borsa i foglietti gialli e
prendo una penna. “Alla riga tre c’è un errore di battitura, così come
alla riga sette, dieci, undici e ventidue. Non firmo una cosa del
genere. Il fax che è arrivato non è da firmare, mi hanno mandato la
stessa mail a cui ho già risposto oggi pomeriggio. Il dettaglio spese
deve essere ricontrollato perché non sono in ufficio per poterlo fare di
persona, chiederemo a qualcuno di cui ci fidiamo e lo sorveglieremo.”
“Ehi aspetta, devo cambiare post-it!” Lo attacco al portatile e riprendo a scrivere.
“Poi ci sono le tre comunicazioni urgenti. La prima è una circolare che
deve passare ai tirocinanti con cui si stabilisce che presto ci saranno
le valutazioni!” Mi strizza l’occhio. “ E che i progetti iniziati devono
essere portati a termine entro la data riportata nella circolare, cioè
fra due lunedì. La seconda è per Alice e le guardie in realtà, ed è un
aggiornamento per le norme di sicurezza, vorrei che partecipassi anche
tu Isabella. La terza è per la pulizia nelle toilette.”
“Scusa, io ho preso appunti ma… cosa devo fare?”
“Io con la sinistra non posso firmare, delego ad Angela la facoltà di firmare con presa visione.”
“E come fai?”
“Tu scriverai per una mail che io girerò ad Angela con la mia firma elettronica!”
“Sei un genio!” Mormoro afferrando il pc e appoggiando il post-it e la penna.
“Lo so!” Gli faccio il verso e lui ridacchia.
“Bene, allora genio, possiamo iniziare con le cose davvero importanti! La prima, Newton!”
Tiro fuori il file dalla cartella dedicata al cliente e scorro le pagine
fino ad arrivare alla mappa concettuale finale che ho stilato questa
mattina.
“Vedo che hai aggiunto qualcosa dall’ultima volta!” Annuisco e lui resta
un attimo a fissare e memorizzare la mappa. “Okay, so bene che
riuscirai a convincerlo della validità dello spot, appoggio l’idea
rischiosa insieme a Rosalie, ma se Newton dovesse sembrarti titubante e
per niente convinto della proposta, nonostante le insistenze che
muoverai tu da brava donna del marketing, metti avanti l’altra
alternativa e fai scegliere a lui. Parliamo di costi. Ne avevamo
discusso al primo incontro, se ricordi, non ci discostiamo da quella
cifra più di tanto ma aumentiamola perché sono sicuro che incontreremo
difficoltà con un cliente come lui. Tirerà il prezzo più che può ma non
devi smuoverti.”
“Mi fai contrattare con il cliente anche il prezzo della campagna?” Sgomenta lo fisso con gli occhi sgranati.
“Firmerai anche tu sotto al contratto. Apporrò la mia firma in un
secondo momento ma domani sarai tu a firmare il documento ufficiale,
dovrai stabilire qualsiasi cosa!”
“Edward non ho mai concluso un affare!”
“Angela starà con te nella stanza, le farai fare da assistente per
qualche ora, Newton non avrà nulla da ridire perché non avrà voce in
capitolo sulla campagna pubblicitaria. Non farti prendere dal panico.
Dentro al mio ufficio c’è un archivio dove per nome sono archiviati i
contratti dei clienti, domattina vai a prendere la cartella di Newton,
all’interno c’è il precompilato, ho affisso un post-it con il prezzo che
avevamo stabilito all’inizio, puoi aumentarlo di circa duemila e
cinquecento dollari, tanto sappiamo che modificherà le clausole a metà
del lavoro appigliandosi al nostro ritardo, lo conosco bene!”
Cerco di memorizzare ogni cosa, ma la notizia che sarò io a completare
un affare mi sta rendendo le cose difficili. Mi deconcentro e immagino
come può andare male la giornata di domani, se combino un casino Edward
non solo mi licenzierà, mi farà terra bruciata attorno e mi manderà a
raccattare la spazzatura.
“Ehi Isabella! Ti sto parlando, ci sei?”
“Edward non posso farlo!”
“Cosa?”
“Far firmare il contratto a Newton!”
“Certo che puoi!”
“Sono una cazzo di tirocinante, fino a ieri lavoravo in una caffetteria
perché tu mi hai licenziata e ora… mi affidi una cosa di questa portata.
O sei impazzito o sto sognando!”
“Bella, per favore… so che ce la puoi fare! Per ogni problema con te c’è
Angela. Mi fido di te e del tuo lavoro!” Lo guardo male, si fida di me
il bastardo! Ma se mi ha licenziata!
“E’ tutto chiaro?”
“Sì, ho capito tutto!”
“Una cosa importante. Newton verrà con due amministratori e suo figlio,
vice presidente della società. Mike è conosciuto per essere un
donnaiolo, è il punto di forza nella contrattazione perché se c’è una
donna dall’altra parte riesce a persuaderla con moine e lusinghe! Ti
prego non cadere nella sua trappola!”
“Sarò così preoccupata a non dire minchiate e a non sbagliare nulla che
non mi accorgerò neppure di Mike Newton e dei suoi tentativi di entrarmi
nelle mutande solo per avere uno sconto!” Mi lascio scappare
borbottando. Edward, però, lo sente e scoppia a ridere tenendosi la
pancia con la mano sana.
“Non farmi ridere o i punti salteranno di nuovo!”
“Vedrai che domani non riderai!”
“Passi a raccontarmi com’è andata?”
“Non lo so, dipende. Se è andata bene ci posso anche pensare, se è andata male vado a nascondermi!”
“Andiamo Isabella, so che farai un ottimo lavoro!”
“E fu così che Isabella si trovò senza lavoro per la seconda volta!”
“Smettila!” Sghignazza e prende in mano una delle dispense di Angela.
“E queste?” Gli spiego una per una le idee che ho sviluppato quella
mattina per portare a termine due di quelle dispense, più la terza che
non ho fatto in tempo a terminare. Lui pare entusiasta e aggiunge qui e
là qualche osservazione o qualche dettaglio che mi è sfuggito. E’ bello
lavorare così, se fosse di umore ottimo anche quando viene in ufficio
sarebbe tutto perfetto, il luogo migliore di lavoro in assoluto.
“Ah cavoli, mi sono dimenticata di telefonare al tutorato per notificargli la re-immissione al tirocinio!”
“L’ha fatto Angela ieri pomeriggio prima di venire qui.”
“E se non avessi firmato?”
“Eravamo decisi a farti cedere in ogni modo possibile. Ecco perché
Emmett era qui, nel caso ti avrebbe tenuta ferma mentre Angela ti
muoveva la mano per firmare!” Non posso fare a meno di sorridere.
“Quindi devo solo rimandare la domanda di laurea e continuare con la tesi!”
“Già, questo periodo passerà in fretta, c’è anche molto lavoro da fare. Ce la fai a tenere testa a tutto?”
“Sì, ce la farò.”
“Hai già scritto qualcosa della tesi?”
“Sì, qualcosa, ho fatto delle ricerche ed ho deciso quali progetti allegare, quelli che mi sono piaciuti di più!”
“Se Newton va come deve andare puoi citare anche quello come campagna
pubblicitaria conclusa e sottoscritta da te. E’ un bel passo avanti e ti
darebbe qualche punto in più, non credi?”
“Forse, ora ci penso.”
“Se vuoi… posso darci un’occhiata. Qui non ho nulla da fare e molto
tempo libero, posso guardare il lavoro che hai fatto fino ad ora e darti
un consiglio, se ti va.”
“Certo! Sarebbe… perfetto!” Cerco di correggere il tiro perché mi sono
dimostrata troppo entusiasta, ma è la prima volta in tutto questo tempo
che si propone di fare una cosa del genere. Lui è davvero un genio in
quello che fa e ha lampi creativi che mi spiazzano, un aiuto per la tesi
è meraviglioso.
“Bene, portami il materiale domani sera, così hai un motivo per passare anche se con Newton non dovesse andare bene!”
“Sei rassicurante!” Borbotto mentre metto via il computer e le dispense.
Infilo la giacca e poi raccolgo le mie cose.
“Buonanotte Edward!”
“Buonanotte, e fammi sapere!”
Quando arrivo a casa guardo l’orologio e mi accorgo che è mezzanotte
passata. Ho trascorso tutta la serata in una camera d’ospedale con il
mio capo, che si sta rivelando una persona fantastica. Recupero tutto il
materiale della tesi e lo infilo in borsa, poi indosso il pigiama e
scivolo sotto le coperte. Poppy si adagia sui miei piedi tenendoli al
caldo. Inserisco la sveglia per domani mattina e recupero il telefono
per diminuire la suoneria. Ho un messaggio che non ho sentito arrivare.
Numero Sconosciuto: “Grazie per la pizza. Ps: la mia preferita è salame piccante e olive!”
Salvo il numero con il nome di Edward e poi resto indecisa se
rispondergli o meno. Lo schermo nero dello smartphone riflette
l’immagine di me con il sorriso.
Bella: “E’ stato un piacere. Ps: me ne ricorderò per la prossima volta!”
--- --- --- --- ---
Ho le mani che sudano, i piedi non riescono a stare fermi e non smetto
di giocherellare con la penna tra le dita. L’ansia ha preso il
sopravvento.
Newton si è presentato davvero con il figlio e la riunione sta
diventando insopportabile e ingestibile a tratti. Sento costantemente lo
sguardo del biondo di fronte a me, la sua voce quando mi parla è resa
roca appositamente per farmi cascare nella sua rete e quando si è
presentato ha fatto il baciamano come i gentiluomini d’altri tempi.
Edward mi aveva avvertita, ma non sono pronta, in questo momento, ad
affrontare una sfida del genere!
Mike sembra gentile e accomodante, uno di quegli uomini pronti a
regalarti rose, cenette romantiche in riva al lago a lume di candela;
uno di quegli uomini che vive per la propria donna. Il classico principe
azzurro che tutte desiderano e cercano per la vita. Sarebbe facile
lasciarsi andare e accettare le sue lusinghe e farmi portare a cena
fuori, sarebbe addirittura gratificante sentirsi desiderate da un biondo
con occhi azzurri così piacente. Uso il condizionale perché dal momento
in cui è entrato nella sala riunioni non ho smesso un attimo di
immaginare questo tipo di lusinghe mosse da qualcuno di diverso.
Qualcuno che in questo momento si starà agitando sul letto d’ospedale e
attende mie notizie, fremendo per l’impazienza.
Angela mi pizzica la coscia per farmi tornare concentrata e la ringrazio
sorridendole. Quando Newton e il suo staff sono entrati hanno storto il
naso vedendo che ci sarebbe stata un’assistente al mio fianco, ma si
sono calmati quando l’ho presentata come vice di Cullen. Sta registrando
tutta la riunione con un registratore attaccato al computer, perché non
ci siano intoppi di nessun genere e, ci scommetto, perché Edward le ha
chiesto di farlo. Per quanto si fidi di me vuole avere la situazione
sotto controllo.
“Bene signori, Angela ha stampato per noi la copia definitiva del
contratto, la campagna pubblicitaria che vi proponiamo può partire con i
lavori direttamente fra due settimane, senza intoppi dovremmo avere o
spot per metà novembre. Manca solo l’ultima formalità.”
Passo loro le due copie dei contratti e attendo la domanda peggiore
della giornata. Parcella e costi della campagna. Il punto che temevo di
più di questa riunione.
Non mi sono mai resa conto, in tutto questo tempo, di quanto Cullen
riuscisse a darmi sicurezza nell’ambito lavorativo. Non c’è stato un
momento, da quando ho iniziato a lavorare per Cullenhale, in cui mi sia
sentita a disagio o fuori posto nel mio lavoro, quando entravo in una
sala riunioni, anche se le parole che riuscivo a spiccicare erano
limitate non mi sono mai sentita inadeguata. E’ capitato più volte di
lavorare a stretto contatto con Edward per ore e ore, di avere briefing
che occupavano tutta la mattinata, di correre in ufficio di sabato
perché lui voleva così. Eppure non mi è mai pesato, l’idea di lavorare a
contatto con Edward mi esaltava e mi gratificava, mi stimolava e mi
faceva credere in me stessa. Sembra assurdo, soprattutto per come sono
stata licenziata tempo fa, ma me ne rendo conto solo ora. Adesso che lui
non è presente in questa sala e che ha lasciato a me il compito di
portare a casa un affare da migliaia di dollari mi sento un’inetta.
Inadeguata a ricoprire la posizione. Pecco di sicurezza, di autostima e
in tutto questo tempo non mi è mai capitato sul lavoro.
Ho lasciato il telefono capovolto sul tavolo della sala riunioni, in
modo che si sentisse la vibrazione ma non desse fastidio alla nostra
chiacchierata. Vibrazione che si è attivata più volte durante queste due
ore. Ho sempre ignorato il telefono, ma ora vorrei tanto avere
l’opportunità di chiamare Edward e sentire la sua voce, sentirmi dire
che ce la posso fare.
Sì, ne sono consapevole, sono una cretina.
“Il preventivo parlava di un costo lievemente inferiore, signorina
Swan!” A parlare era stato l’amministratore numero uno, quello che come
antipatia batteva tutti in quella stanza. Aveva mosso obiezioni e
critiche per tutta la durata della mia esposizione, una rottura di
coglioni infinita!
“Ha ragione. Ma i costi per sostenere e sviluppare lo spot sono maggiori
di quelli richiesti per l’altra alternativa.” Mi aspetto che Angela
intervenga da un momento all’altro per prendere in mano la situazione
che mi sta sfuggendo, invece se ne sta zitta anche quando tutto lo staff
inizia a parlare tra loro e a criticare anche questo aspetto del
contratto.
“Signorina Swan, posso parlarle in privato per cinque minuti?” Mike si è
avvicinato mentre ero distratta a sentire cosa dicevano gli altri
presenti.
“Veramente, signor Newton siamo nel bel mezzo di una contrattualizzazione e non mi pare il caso.”
“Allora facciamo un caffè più tardi? Sono sicuro che troverà cinque minuti per un caffè qui di fronte.”
“Mi farebbe molto piacere, ma ho un carico di lavoro non indifferente sulla scrivania. Sarà per la prossima volta!”
“Il lavoro sulla scrivania sarà lì anche quando tornerà. Sono sicuro che un caffè non nuocerà agli affari della Cullenhale.”
Sento la vibrazione del telefono attivarsi e continuare a funzionare per
un bel po’, segno che non è il solito messaggio ma una chiamata. Vorrei
avere la faccia tosta di rispondere ma lascio perdere.
“Signor Newton, sono sicura che anche il caffè può attendere, non falliranno le caffetterie di New York da un giorno all’altro.”
“E’ un osso duro, non è vero?”
“Così dicono!” Le sue parole mi ricordano un po’ Edward quando mi dice
che sono dispotica e mi trovo a sorridere tra me e me. Non so come Mike
rinuncia nel suo obiettivo e torna al posto di fianco a suo padre. Dopo
altri cinque minuti di discussione sussurrata finalmente si rivolgono
verso di me.
“Il preventivo parlava chiaramente di una cifra inferiore, i tempi si
sono dilatatati fino a tre settimane di ritardo e oltretutto Cullen non è
presente all’affare. C’è qualcosa di cui dobbiamo essere a conoscenza,
signorina Swan?”
“In realtà no. La Cullenhale è la stessa azienda fidata di qualche
settimana fa, lo staff si impegna sempre al massimo per ogni campagna
pubblicitaria. Come ho spiegato al signor Newton per telefono ieri, io
non sono stata in azienda per un po’ di tempo a causa di problemi
familiari e al mio rientro il signor Cullen ha avuto un incidente che lo
costringe ad assentarsi dal lavoro. Angela, ha preso in mano gli
appuntamenti ed ha cercato di gestire al meglio il carico di lavoro. Vi
porto a conoscenza di questi dettagli anche se non dovrebbero
interessarvi dato che il contratto che avete sottomano indica
chiaramente che i costi aggiuntivi riguardano il tipo di campagna che
vogliamo svolgere. Avete scelto l’alternativa che abbiamo trovato più
redditizia e che valorizza meglio il vostro marchio ora dovete decidere
voi se vale la pena investire questo denaro o meno.”
Non mi faccio distrarre dal telefono che vibra in continuazione, giuro
che farò una lavata di capo a chi ha chiamato così tante volte durante
queste due ore.
Il signor Newton afferra la penna e firma sul contratto insieme all’amministratore antipatico.
“I tempi stringono signorina Swan, lei ci ha garantito che avremo il nostro spot entro breve tempo. E’ sicura di farcela?”
“Sono certa di farcela!” Sorrido soddisfatta quando mi passano il
contratto e con la penna porta fortuna che porto sempre con me firmo
sulla riga dedicata a me. La prima campagna sottoscritta da me stessa.
Stesa, completata e contrattualizzata.
Lo staff Newton si alza e ci stringiamo la mano. Ora basta solo portare a termine lo spot nei tempi stabiliti.
Li ringrazio e li accompagno da Alice, più sorridente che mai. Quando è
il momento di salutarci Mike mi trattiene la mano più del dovuto.
“Allora Isabella, questo caffè?” Non mi sfugge il tono arrochito di come
pronuncia il mio nome e sinceramente mi infastidisce. Non è come la
voce forte e decisa con cui mi chiama Edward, quella sì che mi fa venire
i brividi.
“Signor Newton mi dispiace deluderla ma sono già impegnata!
Arrivederci!” Stacco la mano con insistenza e mi avvicino al banco dove
Alice sta registrando l’uscita dello staff, come se dovessi proteggermi.
Mike mi guarda malamente e poi segue il padre in ascensore. Bene, è
andato.
Lascio un bacio sulla guancia a Alice alzando i pollici e me ne vado a
sistemare la sala riunioni. Angela è felice e quando rientro mi
abbraccia e si complimenta con me.
“E’ il caso che chiami Edward o impazzirà! Ha chiamato sul mio cellulare
cinque volte, credo che le telefonate che hai ricevuto siano le sue!”
Prendo il cellulare per controllare e mi accorgo che effettivamente ci
sono quattro chiamate e sette messaggi.
“Odio quando non ha niente da fare e mi assilla!”
“E sei solo all’inizio! Quando si è beccato l’influenza mesi fa mi
chiamava giorno e notte, dipendeva da quando riusciva a stare sveglio.
Non avevo più una vita fuori dal lavoro!”
“Dici che è meglio farlo penare un pochino o che sia il caso di telefonargli e rassicurarlo?”
La guardo con un sorriso malvagio e lei ridacchia.
“Sei perfida!”
“Devo ancora vendicarmi per essere stata licenziata, Angy!”
“Io non voglio entrare nelle vostre questioni ma sappi che se mi chiama
un’altra volta non posso evitare di rispondere! Vado a lavorare, ci
vediamo per pranzo. Oggi dovrei riuscire a mettere il naso fuori
dall’ufficio. E poi dobbiamo festeggiare!” Mi abbraccia ancora e porta
via il suo computer. Io raccolgo le dispense e mi avvio al mio cubicolo
dove decido di leggere i suoi messaggi.
Edward: “Buongiorno, Newton dovrebbe essere arrivato, avvisami quando finisci!”
Edward: “Ricordati di parlare dei vantaggi a livello economico dello spot”
Edward: “Non mi stai rispondendo perché sei professionale, ma almeno dire OK sarebbe gradito”
Edward: “Ormai dovresti aver finito la presentazione, com’è andata?”
Edward: “Santo cielo, donna rispondi!”
Edward: “Ti chiamo, è urgente!”
Edward: “Antipatica. Antipatica. Antipatica.”
Scoppio a ridere e molti dei cubicoli vicini mi scrutano come se fossi pazza. Forse lo sono.
Decido di divertirmi un po’ e di non dirgli nulla per il momento.
Bella: “Se ti avessi scritto durante la riunione mi avresti linciata per averlo fatto. Ti conosco Boss”
La sua risposta arriva immediatamente.
Edward: “Finalmente, ci hai messo una vita. Allora com’è andata?”
Bella: “Devi smetterla di scrivermi durante l’orario di lavoro,
conosco l’irascibilità del capo e potrebbe licenziarmi. Non voglio dover
servire caffè a vita. Anche perché qualcuno mi ha detto che sarei
sprecata.”
Squilla il telefono dell’ufficio e rispondo, ignorando il cellulare
sopra la scrivania. Alice mi avvisa che c’è una donna che vuole parlare
con Cullen.
“E io che c’entro?” Mi lascio scappare controllando la posta sul computer.
“Le ho chiesto se è per lavoro e ha detto di sì, le ho detto anche che
Cullen non c’è e ha detto che è urgente e che ha necessità di parlare
con qualcuno dello staff.”
“Alice devi darmi qualche informazione in più.”
Sento che domanda alcune cose tenendo la mano sulla cornetta del telefono e poi torna da me.
“Okay è il PR di FashionStylePy ha detto che Cullen le aveva dato
appuntamento per la prossima settimana per un briefing di aggiornamento,
ma non può esserci perché parte domani per il Giappone, quindi è venuta
oggi.”
“Senza avvisare. Perfetto! Devo trovare la sua cartellina, prendere una
sala e parlare con Edward. Falla accomodare in sala d’attesa e falle
portare un caffè da Shelly. Cerco di fare tutto.”
Appoggio il telefono e recupero il file di questa società dal mio
computer. Do una breve occhiata alla campagna che stiamo sviluppando e
mi rendo conto che è una di quelle ferma con le quattro frecce.
Sbuffo passandomi le mani tra i capelli e dicendo qualche parolaccia.
Speriamo solo non abbia grandi aspettative. Mando in stampa la dispensa,
prendo il portatile e il cellulare e mi avvio da Irina. Le dico che ho
una cliente di Edward in attesa e che mi serve una sala, per fortuna per
due ore è libera la sala in fondo al corridoio. Mi sistemo e compongo
il numero di Edward ignorando i messaggi. Risponde al primo squillo
senza lasciarmi dire nulla mi accusa
“Ho aspettato tutta la dannata mattina! Si può sapere cosa ci vuole a mandare un messaggio?”
“Edward abbiamo un problema!”
“Perfetto! Grandioso. Hai fatto sfumare l’affare vero?”
La desolazione con cui lo dice mi ferisce. Aveva detto di fidarsi di me.
“Edward!”
“No, no. Va bene. Sono stato un cretino io a lasciarti fare da sola.
Dovevo insistere con Newton perché fosse Angela a portare avanti la
campagna. Porca puttana! Rosalie mi uccide se lo viene a sapere!”
Lo stomaco mi si stringe in una morsa e tutte le belle parole di ieri
sera finiscono nel gabinetto. Pensavo che si fidasse di me, realmente.
Pensavo che credesse in me. Tutte quelle parole, tutti quei complimenti,
erano solo enormi stronzate.
“Sai che ti dico? Vaffanculo!”
Lancio il telefono sul tavolo, incazzata come una belva e con
l’interfono chiedo a Alice di far passare la cliente. Shelly accompagna
la PR nella sala della riunione e finalmente ci presentiamo.
“Sono Milly Todd, di FashionStylePy. Ho parlato con Edward qualche
settimana fa e avevamo fissato un appuntamento per il prossimo giovedì,
ma devo partire per il Giappone e ho assolutamente bisogno di qualche
informazione in più da dare ai miei responsabili.” Estraggo le dispense
dalla cartellina, le guardo un’ultima volta e poi decido come affrontare
il problema.
“Signorina Todd…”
“Signora, sono sposata!” Mi corregge mostrandomi la fede e l’anello da
milioni di carati sul suo anulare. Uh, poco vanitosa la signora.
“Signora Todd, sono rientrata al lavoro dopo circa un mese di inattività
a causa di alcuni problemi familiari…” Mi sembra di essere a scuola
quando dovevo giustificarmi per non aver studiato. “Di conseguenza la
vostra richiesta è arrivata sulla mia scrivania solo ieri. Il mio capo,
il signor Cullen è assente perché si trova in ospedale. Ho visionato gli
appunti che il signor Cullen ha iniziato a ideare per la campagna e
devo dire che abbiamo buone prospettive.”
“Quindi non avete ancora un punto da cui partire?”
“In realtà no, l’idea è scarna e deve essere ancora arricchita di
dettagli, bisogna visionare i costi e fare un’analisi di mercato.
Qualche sondaggio non sarebbe affatto sgradito per verificare se l’idea
di punta che stava delineando il mio capo può funzionare. Come le ho
detto però, in questo momento il signor Cullen non è al lavoro e sarò io
a seguire la campagna pubblicitaria.”
“Questo sposta i termini di consegna del progetto. Sbaglio?”
“Li avevate fissati per la settimana prima di Natale, sicuramente poi i
lavori per lo spot resteranno fermi fino al due di gennaio. A questo
punto ci sono due soluzioni. O facciamo un lavoro approssimativo e
terminiamo prima del termine tentando di mandare in registrazione lo
spot spartano che abbiamo, sperando che la casa di produzione sia
disponibile. Oppure ci prendiamo del tempo per fare un buon progetto e
rimandiamo l’approvazione alla prima settimana di gennaio.”
“Sa che non sono le uniche due alternative possibili, non è vero? Potrei
anche affidare la campagna ad un’altra agenzia pubblicitaria.” Mi
guarda con il sopracciglio alzato come per intimare che è quello che
farà, dato che non è soddisfatta dell’incontro.
“Commetterebbe un gravissimo errore. Noi abbiamo già tutti i dettagli e
l’impronta per uno spot, si tratta solo di portarlo a termine come si
deve e rimandare di qualche settimana la messa in onda. Cambiare agenzia
in questo momento richiederebbe uno spreco di energie per valutare
quale, attualmente, è la migliore nel mercato… ovviamente dopo di noi.
Cullenhale ha ottenuto cinque stelle di merito da tre delle riviste di
marketing più importanti del paese. La quotazione in borsa non ha avuto
grosse fluttuazioni e restiamo ancora la società di marketing con più
successo. Siamo i numeri uno e siamo consapevoli di esserlo. Abbiamo
sempre rispettato i termini e gli accordi pattuiti, purtroppo in questo
momento cause di forza maggiore ci hanno ostacolato. Ora la domanda è,
vuole perdere altro tempo in cerca di una società di marketing mediocre o
è disposta a spostare il termine di tre settimane? A lei la scelta!”
“Starò un mese in Giappone, vorrei essere aggiornata tra tre settimane
via email sugli sviluppi della campagna. Al mio rientro pretendo un
briefing con il signor Cullen. Veda che il ritardo sia solo di tre
settimane o la parcella sarà diminuita del cinquanta percento.
Arrivederci.”
Non attende neppure che le faccia strada ed esce dalla sala riunioni con
passo spedito e determinato. Questa deve essere una stronza, porca
miseria. Una volta arrivata al mio cubicolo scopro che Angela è seduta
sulla mia sedia.
“Che diavolo hai detto a Edward?”
“Perché?”
“E’ furioso. L’hai mandato a fanculo?”
“Sì!”
“Perché?”
Le racconto della telefonata, dell’emergenza PR che è arrivata e di come
sia stata stronza alla fine lei sorride e scuote la testa.
“Ho detto a Edward che Newton ha firmato alla cifra stabilita, non
capisco perché non hai voluto dirglielo tu. Era un ottimo risultato che
hai portato a casa e lui sarebbe stato orgoglioso di te. Ora è solo
incazzato.”
“Beh lo sono anche io, la prossima volta pensa bene alle parole da usare.”
Angela scuote la testa e mi lascia da sola a lavorare. Ignoro il
telefono per tutto il giorno e lo ignoro anche una volta uscita dal
lavoro. Non passo in ospedale da Edward, non me ne frega niente del suo
aiuto con la tesi. Lo scherzetto di oggi mi pesa come un macigno sullo
stomaco. Scongelo una porzione di lasagne e la mangiucchio sul divano
con Poppy che sonnecchia al mio fianco. Il telefono è ancora chiuso
nella borsa e lì resterà fino a mattina.
Cullen, sei proprio uno stronzo.
**Note di Aly
Salve a tutte. Che dire dopo questo immenso ritardo? Non ne ho idea.
Credo che delle scuse non bastino questa volta. Quindi mi prefisso
l'obiettivo di pubblicare più che posso e rendervi le mie scuse sincere
agli occhi, come posso.
Che raccontarvi ora, prima del capitolo? Vi dico che questo 2016 non è
iniziato nei migliori dei modi, alcune di voi lettrici che mi conoscono
conoscono il motivo. Non sto qui a dilungarmi, ma vari problemi mi hanno
tenuta impegnata e mi hanno allontanata un po' dalla voglia di scrivere
e di condividere con voi i miei pensieri e le mie sensazioni. Sapete
che nelle mie storie ci metto sempre un pochino di me, quindi non ero
dell'umore adatto per scrivere, avrei rischiato di creare qualcosa di
infinitamente triste e malinconico. Grazie ad una persona, però, mi sono convinta a lasciare i miei problemi da parte e ricominciare a pubblicare.
Ho adorato tutto lo scorso capitolo, quindi non ho una vera e propria parte che ho preferito.
Bene... ora passiamo al capitolo. Vi auguro buona lettura, come sempre e buona serata.
Ah, buon anno a tutte, anche se estremamente in ritardo.
Un abbraccio,
Aly**
La mattina seguente, quando Bruce mi vede entrare dalla porta della caffetteria mi sorride e si avvicina.
“Pensavo che mi avessi dato buca anche stamattina. Clara è a casa con la
febbre per cui oggi dovrai destreggiarti anche con le sue mansioni.”
Sorrido e annuisco, come un automa, cercando di superare il turbamento
di trovarmi sul posto di lavoro che non amo, con una paga da fame. Per
fortuna il tempo passa velocemente.
Jasper è arrivato puntuale alle cinque e cinque minuti ieri, ha guardato
di sottecchi Edward e ci siamo scambiati alcune informazioni prima che
potessi andarmene. Non so bene come sia stato il loro tempo insieme, ma
sono sicura che lo scoprirò tra poco quando varcherò la porta della
camera di Edward. Jasper mi ha mandato solo un messaggino con l’ora in
cui farmi trovare lì, non mi ha detto niente di più.
Mi sono organizzata come al mio solito, ma dovendo affrontare anche la cena con un lamentone
come Edward mi sono attrezzata con alcune cose per mascherare il cibo
d’ospedale. Busso e la voce di Jasper mi invita a entrare. Edward si
guarda i piedi mentre il mio amico è fisso davanti alla finestra.
«Ciao» Mi intrometto con voce chiara in quel silenzio assurdo, la tensione nella stanza si può tagliare a fette.
Mi rispondono entrambi con un borbottio che pare un saluto, ma di cui non sono certa.
«Bene, ottima accoglienza per quella che ha portato viveri a sufficienza
per un plotone! E pensare che ho anche portato una torta con biscotti e
cioccolato che farebbe gola anche a chi odia le calorie!» Cerco di
buttarla sullo scherzo ma Jasper mi lancia un’occhiataccia che mi fa
quasi tremare.
«Okaaaay» Mormoro appoggiando le mie cose. «Jasper forse è meglio che vai. Riposati che fra qualche ora inizia il turno.»
«A che ora devi essere al lavoro domattina?»
«Alle sei.» Storce il naso con aria incazzata e sospira.
«Edward rimarrà da solo per qualche ora. Non preoccuparti. A quanto pare
non ha bisogno di nessuno e se la cava alla grande da solo!» Prende la
giacca e il telefono e mi bacia la guancia. «Sabato sera sono libero.
Avevo chiesto ad Alice di andare a bere una cosa fuori ma non me la
sento di vederla. Possiamo uscire io e te?» Sento puzza di cazzate
grosse come un rifugio antiatomico.
«Che è successo?» Ci ha messo settimane intere per farsi dire di sì ed
ora rinuncia così a cuor leggero perché non ne ha voglia? E’ strano.
«Niente!» Mi volta le spalle e si avvia verso la porta ma non sono
disposta a lasciarlo andare senza una spiegazione. Lo strattono per il
braccio e lo faccio voltare verso di me.
«Che diavolo hai combinato?»
«Niente!» Sono lì, lì per dirgli che il suo comportamento da donnicciola
non funziona con me, quando Edward interviene a voce bassa.
«Non ti conviene insistere con lei, è meglio che cedi. Sa farti parlare
come nessun altro!» Entrambi ci voltiamo verso di lui, Jasper lo osserva
incazzato mentre io mi concentro sul dispiacere che si intravede negli
occhi di Cullen.
«Avanti, dimmelo!» Insisto ancora e lui sbuffa sonoramente prima di rispondermi.
«Mi ha mandato una serie infinita di messaggi in questi giorni per
sapere come stavo e come stava andando con Rosalie, prima me ne ha
mandato un altro in cui mi diceva che sabato non riusciva a spostarsi
con l’auto perché sarebbe stata dal meccanico e se potevo passare a
prenderla io. Mi sono incazzato e le ho detto che ho cose ben peggiori a
cui pensare ora rispetto a una serata con lei.»
Non posso crederci. Sgrano gli occhi e scuoto la testa.
«Sei un cretino!» Mi lascio sfuggire. «Non so perché continuo a parlarti
invece che prenderti a pugni. Sei proprio un deficiente!»
«Ero incazzato, non sapevo cosa dirle, avevo altro per la testa!»
«Non mi interessa! Cretino! Stupido!» Cerco il cellulare dentro la
borsa, in modo frenetico nel mezzo del caos che noi donne abbiamo sempre
appresso, quando lo trovo compongo il numero di Alice. Squilla a vuoto
per un bel po’ prima che riesca a rispondermi.
«E’ colpa mia.» Mormora Edward dal letto, nel frattempo.
«Non mi interessa di chi è la colpa.» Parlo verso Jasper. «Non hai
nessun diritto per parlare così a Alice solo perché sei incazzato per i
fatti tuoi. Tu non hai idea di cosa voglia dire per lei aver accettato
il tuo invito. Che deficiente! E pensare che ci hai anche perso un sacco
di tempo per farti dire di sì. Non riesco a credere che tu sia stato
così tanto stupido da rovinare tutto. Hai appena friendzonato Alice. Non c’è modo per tornare indietro.»
Finalmente sento la voce della mia amica dall’altro lato del telefono.
«Ehi Alice, ciao! Come va al lavoro?» Vorrei buttare la domanda che mi
preme, ma conoscendola devo farle avere il tempo di rendersi conto che
ci sono io all’altro capo del telefono e non una persona qualsiasi.
«Bene, oggi Angela ha fatto firmare un contratto a due clienti e c’è un
clima di festa meraviglioso in ufficio. Tu sei da Cullen?»
«Sì, sono appena arrivata, sarà felice di conoscere questa novità. Ieri
ha messo fuoco al culo di Angela dicendole che contava su di lei. Mi ha
mandato un messaggio stamattina alle tre chiedendomi se la caffetteria
era aperta per fare colazione alle quattro. Non me la sono sentita di
mandarla a quel paese e le ho detto di passare da me. Ma non è venuta ed
ha preferito andare in ufficio. Dici che impazzirà prima di Natale?»
Lei ridacchia appena e poi torna seria di colpo.
«Sai che Seth si vede con un’altra?»
«NO! E’ scemo?»
«Probabile. Tutti gli uomini lo sono! Ne abbiamo già discusso, ricordi?»
«A proposito. Ho saputo. Vuoi passare nell’orario di visita a parlare?»
«No, credo che me ne starò a casa sul divano a sgranocchiare le mie cialde di riso soffiato e una tazza di centrifuga!»
«Alice!» La sento ridere e mi rendo conto di quanto la conosco bene,
questa è solo una maschera ma dentro sta affondando ed ha la necessità
di avere qualcuno a fianco che non la lasci sola.
«Sto scherzando!»
«No, ti conosco. E’ così che andrà la tua serata. Lascia stare il
polistirolo e vai casa di tuo padre, sono sicura che Sue ha preparato le
lasagne. Portamene un pezzetto per domani!»
«Bella non c’è problema! Stai facendo risultare la cosa più grande di quella che è.»
«Sì che è un problema. Ora ti devo lasciare. Tengo il cellulare in
vibrazione, se hai bisogno di parlare sai dove trovarmi. Chiamerò Ryan
per sapere se sei tornata a casa per cenare con loro, se non l’hai fatto
giuro che la prossima volta vai da sola a fare shopping. Buona serata.»
Chiudo la telefonata prima che possa ribattere e con le braccia
incrociate fulmino Jasper che mi sta osservando.
«Non uscirò con te sabato, puoi scordartelo! Alice è come una sorella
per me e dovresti imparare a comportarti meglio, davvero!» Mi volto
verso Edward con lo sguardo furente. «Quanto a te, ti avevo detto di
riallacciare i rapporti, non di farlo incazzare. Se credi di non avere
bisogno di nessuno allora sei proprio un cretino. E io con i cretini non
ci parlo.»
«Ehi, allora è tua la brillante idea!» Jasper fa un passo avanti verso
di me. «Dovevi startene per i fatti tuoi invece che impicciarti delle
nostre vite! Nessuno ti ha chiesto di metterti in mezzo e farti gli
affari nostri.» La sua rabbia mi sconvolge abbastanza, meno delle sue
parole però. Ora devo starmene per i fatti miei, però gli ha fatto
comodo che ci fosse qualcuno qui per il suo amico. Dovevo saperlo,
dovevo immaginare che sarebbe andata così, una delusione dietro l’altra,
l’ennesima da aggiungere alla lista. Sto per rispondere quando il
telefono vibra tra le mie mani, il numero è privato ma rispondo
ugualmente.
«Pronto?»
«Bella, sono io.» La voce che sento disturbata dall’altro capo del
telefono mi ghiaccia sul posto. Non riesco a parlare, né a respirare.
Devo sedermi perché la testa gira troppo forte. «Bella, piccola, ho poco
tempo. Come stai?» Piccola, quante volte mi ha chiamata così
negli anni e quante volte mi sono sentita al sicuro tra le sue grandi
braccia. Ora so che sarebbe il posto più doloroso per me.
«Perché hai chiamato?» Mormoro a voce bassa.
«Come stai?» Come sto? Come vuole che mi sento al
momento? Confusa, stupita, arrabbiata, terrorizzata e sento anche un
dolore al petto troppo forte per esprimermi.
«Perché hai chiamato? Ti avevo detto di non farlo.»
«Piccola, per favore. Tra poco devo andare e non so quando potrò
richiamarti.» Come se io volessi che componesse di nuovo il mio numero.
«Beh nessuno ti ha detto di farlo. Stattene dove sei e non cercarmi.»
«Bella, sono passati anni, fra pochi mesi è Natale… per favore!» Natale,
me ne ero anche dimenticata. Quello che una volta era il periodo più
bello dell’anno per me si è trasformato, fin da quel maledetto giorno in
mezzo alla strada, nel periodo più triste e malinconico dell’intero
anno. Sarà Natale e, oltre al dolore normale che sentirò avvolgermi come
una coperta, dovrò anche fare i conti con lui che mi chiama da chissà
dove per ricordarmi che non fa più parte della mia vita da tempo. Gran
bella merda.
«Per favore un cavolo! Non chiamare più!» Vinta dalle numerose
sensazioni che mi bruciano dentro rispondo con rabbia, anche se il petto
si stringe sempre più forte fino a farmi lacrimare. Lancio il telefono
nella borsa e mi aggrappo ai braccioli della sedia per sostenermi,
nonostante sia seduta mi sento cadere.
Ha telefonato, dopo mesi e mesi ha chiamato un’altra volta. Gli avevo
detto di non farlo, ma ripetutamente cerca di parlare con me. Non ha
capito che non voglio più avere a che fare con lui? Come faccio a
farglielo capire una volta per tutte?
Non mi rendo conto di dove sono fino a che non sento una mano maschile
appoggiarsi sulla spalla. Alzo gli occhi e il volto preoccupato di
Jasper è vicinissimo al mio.
«Bella, tutto bene?»
No, non va bene niente in questo momento. In questo preciso istante è
tutto un grosso casino attorno a me. E io me ne sto seduta come una
pazza psicopatica su una sedia, al capezzale di un uomo che mi ha
distrutto la carriera, per fare un favore a un tizio che credevo fosse
un amico. Sono una cretina.
«Sai che c’è Jasper? Sono stanca di essere la buona di turno che la
prende sempre in quel posto. Mi sono offerta di aiutarti, poi tu hai
calcato la mano, ti sei permesso di parlare con il mio capo mettendo a
rischio il mio lavoro. E nonostante io abbia tenuto la bocca chiusa e mi
sia fatta andare bene il tuo comportamento ora sei qui a dirmi che devo
farmi gli affari miei!» Raccolgo le mie cose e abbottono la giacca. «Me
li faccio i fatti miei, a partire da questo momento! Edward è amico
tuo, non mio. Io non c’entro niente con voi, ero qui solo per fare un
favore. Ma siete entrambi troppo orgogliosi e troppo cocciuti per
passare anche solo un minuto di più in questa stanza. Non sprecare tempo
a cercare di chiamarmi Jasper, perché non ti risponderò. Mi faccio i
fatti miei, a partire da adesso.» Esco dalla camera senza voltarmi e
senza preoccuparmi di niente. Avrei dovuto fare così fin dal primo
momento, non avrei dovuto propormi per aiutarlo, era da tempo che non mi
capitava di fare errori di questo tipo, sicuramente da oggi imparerò la
lezione. Non ci si guadagna nulla a essere buoni e gentili, finisci
sempre e solo per star male.
Esco dall’ospedale di fretta, raggiungo l’auto e mezzora più tardi sono a
casa. Poppy mi salta sulle gambe appena mi vede, scodinzola e mi gira
attorno finché mi infilo la tuta.
Non mi pento di essermene andata, non mi pento neppure di aver
allontanato Jasper, sono diventata brava a tenere chiusa la porta agli
invasori e ad allontanare chi commette qualche errore. Anni ed anni di
esperienza.
Per fortuna non ricevo telefonate per tutta la sera, solo Alice mi ha
mandato una foto della tavola preparata da Sue a casa di suo padre, per
darmi la conferma che aveva seguito il mio consiglio, io le ho risposto
con la foto dei miei piedi sul tavolino e con lo sfondo della tv
illuminata. Non mi ha chiesto nulla se non “Stai bene?” a cui ho
risposto “Mai stata meglio!” per non farla preoccupare. Sono sicura che
domani insisterà per venire a pranzo alla caffetteria, così lei e Emmett
potranno farmi il terzo grado.
Mi addormento guardando una replica di un quiz televisivo, Poppy è
accoccolata in fondo al divano, sopra ai miei piedi e il suo pelo
morbido me li tiene caldi. Mi sveglio attorno alle tre e mezzo
infreddolita e con le ossa rotte, prendo Poppy tra le braccia e mi
fiondo sotto le coperte in camera da letto.
Quando apro gli occhi è perché la sveglia suona insistentemente,
ricordandomi che oggi devo affrontare un’altra giornata di lavoro.
Non pensavo che Jasper ascoltasse il mio invito a non chiamarmi, ma per
tutta la serata di ieri e per la giornata di oggi non ha mai squillato
il telefono. E sono grata anche perché qualcun altro non l’ha fatto. La
telefonata ricevuta in ospedale ieri mi ha turbata, parecchio.
Ma devo andare avanti, non ci devo pensare. Devo cancellare quei secondi
in cui ho sentito la sua voce e i brividi che ho provato. Se ci fosse
un maledetto tasto Reset nella mia testa sarebbe tutto più semplice.
Quando stacco alle cinque e mezza, dopo un’ora di straordinario, ad
attendermi fuori dal locale c’è una volante della polizia con Jasper
appoggiato al cofano e un collega seduto al posto di guida.
«Bella, possiamo parlare?»
«Le serve qualcosa agente? Ho infranto qualche norma stradale? Ho
parcheggiato in divieto di sosta? Ho dimenticato di pagare
l’assicurazione? Cosa vuole?»
«Bella non fare così, voglio parlarti dieci minuti, poi dovrò tornare in servizio.»
«Mi dispiace, agente, ma non ho nulla da dire!» Mi volto nella direzione
in cui ho parcheggiato e inizio a camminare, ma Jasper mi segue
insistendo per parlare.
«Ieri Edward mi ha fatto davvero incazzare. Abbiamo litigato, le
infermiere sono venute a dirci di abbassare i toni, è stato un disastro
da quando si è svegliato fino a quando non sono andato via. Dopo che sei
andata via abbiamo litigato di nuovo. Non facciamo altro che litigare!»
Mi fermo di scatto quando raggiungo l’auto nel parcheggio.
«Perché mi stai raccontando i fatti tuoi, Jasper? A me non frega niente
di quel che è successo ieri. Ti ricordi che ti ho esplicitamente detto
che mi sarei fatta gli affari miei? Ecco, lo sto facendo. Non voglio
saperne più nulla di voi.»
«Bella! Per favore!»
«Oh piantala!» Sbotto. «Per favore di qua, per favore di là. Siete solo
capaci di dire per favore. Per favore cosa? Ti dovrei stare a sentire
dopo che ieri mi hai placidamente detto che non mi devo impicciare? Lo
sto facendo, sto facendo proprio quello che mi hai chiesto. Mi faccio i
cazzi miei! Ora lasciami stare!»
«Sei insopportabile quando fai così!» Si passa le mani tra i capelli e
mi guarda con gli occhi arrabbiati. Chi se ne frega se sta per
esplodergli la testa per colpa del mio comportamento.
«Oh, sarei insopportabile ora? Ve lo chiedo io un favore, quando la
gente vi dice di non farvi sentire o di non chiamare o di dimenticarsi
di voi… fatelo!»
«Bella! Aspetta!»
«Bella un cazzo!» Sono incazzata, lo ammetto. Ora lo sono tanto e
purtroppo non dipende neppure solo dalla situazione con Jasper e Edward.
La telefonata di ieri mi ha sconvolta oltre ogni misura, nonostante me
lo sentissi che, prima o poi, avrebbe richiamato. Lo fa sempre. Torna
sempre a sconvolgermi la vita senza capire quando è il momento di
piantarla.
«Devi calmarti. Non volevo dire quelle cose ieri, ascoltami per favore!»
«Jasper ho ventiquattro anni, ho visto di tutto in questo periodo di
tempo, cose che forse tu neppure immagini! So quando è il momento di
andare e quando è il momento di restare e so benissimo quando una
persona dice quello che pensa veramente. Non devo intromettermi e non lo
farò. Fatti da parte e lasciami andare!»
«Sei più cocciuta di un mulo!»
Apro la macchina e mi ci infilo dentro in velocità, partendo qualche
secondo più tardi. Jasper è ancora fermo sul marciapiede a guardarmi
andare via.
Stranamente, non mi sento per niente colpevole come le altre volte che
ho ferito qualcuno tramite le mie parole, sarà che sono stanca di essere
il pungiball per i problemi degli altri! Quando arrivo a casa,
tardi rispetto al solito perché mi sono imbottigliata nel traffico
dell’ora di punta, Angela è davanti al mio portoncino.
«Ehi, che ci fai qui?»
«Ho bisogno di aiuto, Bella.» Confusa le apro la porta e ci dirigiamo in
silenzio verso il mio appartamento. Che diavolo potrà mai volere da me?
«Vuoi qualcosa da bere?» Le chiedo mentre cerco di non pestare Poppy tra i miei piedi.
«No, grazie.» Le dico di attendere finché mi metto comoda e dopo essermi
rinfrescata la faccia e messa in tuta la raggiungo sul divano.
«Allora, cosa ti serve Angy?» Si passa le mani nei capelli, gesticola
finché cerca le parole ma ci mette un po’ prima di parlare.
«Temo che Newton voglia sciogliere il rapporto con la Cullenhale!» La notizia mi spiazza.
«Scusa, spiegati meglio!» E lei lo fa. Mi racconta di come abbia fatto
telefonare da Irina per spostare l’appuntamento alla prossima settimana e
la segretaria di Edward si è fatta scappare che il suo capo non è al
lavoro perché non lavorerà per un mese. Per cui Newton si è preoccupato
di chi stesse lavorando alla sua campagna e Irina gli ha risposto che
Angela stava svolgendo il lavoro sia di Rosalie che di Edward.
Ovviamente Newton ha richiesto fin da subito massima professionalità e
competenza e ha accettato solo me e Edward perché lavorassimo al suo
caso, venire a conoscenza che nessuno dei due è sul suo progetto ma una
terza persona che non conosce, l’ha messo sul chi va là.
«E tu che hai fatto a quel punto?»
«Ho richiamato personalmente Newton, mi sono presentata dicendogli che
al momento Cullen non è presente in ufficio ma che sarà presente alla
riunione della prossima settimana e che il progetto è stato portato a
termine da voi due, che io sono solo in veste di amministratrice
subordinata al momento. Ha mantenuto il contratto in piedi, ancora per
il momento, ma ha urlato al telefono, gridando che è una società che
pecca di professionalità.»
«Angela, lo sai anche tu che non è vero. Non ti devi abbattere. Newton non scioglierà il contratto, vedrai.»
«Al momento è al telefono con Cullen, ne sono certa. Mi ha chiesto dove
poteva rintracciarlo e gli ho dato il numero di cellulare. Ho tentato di
chiamare Edward prima di venire qui ma non rispondeva e quando sono
arrivata al tuo portone il suo telefono era occupato. Starà impazzendo.
Mi licenzierà se gli faccio perdere questo cliente!»
«Angela, devi calmarti. Stai lavorando troppo e sei nervosa. Il problema
non è tuo. Ha sbagliato Irina, sappiamo bene quanto sia poco
qualificata per certe mansioni, ed entrambe conosciamo la ragione per
cui Edward continua a tenersela. Non certo per le sue capacità
organizzative, ma per le due tette che mette in mostra ogni giorno con
le camicette. Vedrai che Cullen capirà!»
«Non credo. Per questo ho bisogno di te. Se tu potessi parlare con
Newton e spiegargli che è solo una distrazione di Irina e che gli dai la
tua parola che la campagna continua ad essere seguita da te… forse
avremmo delle speranze!»
«Neanche morta!» Sbotto di fretta. Angela sgrana gli occhi guardandomi stupita.
«Ma Bella…»
«No, no, no! Sono stata licenziata Angela, non dovrei neppure sapere
questi dettagli ora. Io ne resto fuori. Parla con Edward e chiarisci con
lui la situazione, anche da un letto di ospedale riuscirà a convincere
Newton a non ritirarsi. Vedrai!»
«Fallo per me…» Il suo sguardo disperato quasi mi convince, l’amicizia
che mi lega mi porterebbe a dire di sì, infischiandomene delle regole;
so, però, che sbaglierei e che le conseguenze potrebbero essere ben
peggiori.
«No Angela. Mi dispiace ma non è più un problema mio. Sono stata
redarguita abbastanza questa settimana per farmi gli affari miei. La
società per cui lavori non mi paga più lo stipendio quindi me ne chiamo
fuori, completamente!» Angela sbuffa e si alza in piedi raccogliendo le
sue cose.
«Ti credevo mia amica!»
«Lo sono!» Mi alzo in piedi e mi pongo di fronte a lei.
«No, Rosalie l’hai aiutata, lei è una tua amica… io evidentemente non sono nulla!»
«Cazzo Angela non dire una cosa del genere. Rosalie mi ha chiesto un
favore diverso e tutto questo prima, molto prima dell’incidente e della
disapprovazione e umiliazione di Cullen.»
«La verità è che non te ne frega niente di me!»
«Non metterla su questo piano, ti aiuterei molto volentieri se si
trattasse di dare da mangiare al tuo pesce rosso, cucinare per tua nonna
malata o aiutarti a convincere Seth che sei la donna della sua vita.
Cazzo ti aiuterei anche a scegliere il vestito per il matrimonio, pur
nonostante io odi con tutta me stessa andare per negozi. Ma stiamo
parlando di infrangere la legge. Io non sono più una dipendente di
Cullenhale, se ci scoprono passiamo i guai. Per favore Angela,
capiscimi!»
Lei si avvicina alla porta con lo sguardo basso, è la prima volta che
discutiamo in questo modo, prima di ora siamo sempre state d’accordo su
tutto.
«Capisco solo che se perdo Newton come cliente perderò il lavoro e tu, cara amica, ne sarai responsabile. Buona notte!»
Chiude la porta delicatamente e Poppy guaisce deluso per non aver
ricevuto neppure un saluto prima della sua uscita. Prendo un bicchiere
d’acqua e scelgo cosa cucinare mentre penso alle parole di Angela, non
si può assolutamente fare una cosa del genere, ne sono certa. Mi
dispiace che si sia arrabbiata e che si sia offesa, ma rischierebbe il
posto di lavoro lo stesso, se ci scoprissero sarebbero guai seri.
Eppure, nonostante tutto, le sue ultime parole rimbombano nella mia
testa come un eco che mi ferisce, volta dopo volta. Maledizione!
Non ho sentito Angela né Alice né Emmett fino ad oggi. Ho scritto io
dopo due giorni a Alice chiedendole come stava e se mi faceva sapere
come andavano le cose con Angela. Mi ha risposto laconicamente ed ho
dedotto che il mio mancato aiuto avesse messo tutti dalla parte di
Angela. Questa settimana è una delle peggiori degli ultimi tempi,
credevo di avere dei buoni amici, in realtà al primo momento di
difficoltà e di discordanza si sono tutti allontanati. Non parliamo di
Jasper, ha tentato di mandarmi qualche messaggio a cui non ho risposto
perché non c’era bisogno di continuare ad argomentare con lui. Ha
provato a chiamarmi, ma non ho voluto parlargli. Ho chiamato Rosalie,
però, volevo sapere come stava e quando la dimettevano: ancora non se ne
parla per qualche giorno; dice che è stanca di stare sempre a letto e
che vorrebbe tornare al lavoro, dubito che i suoi genitori la lasceranno
lavorare presto.
Volevo chiederle se aveva notizie di Edward, ma ho pensato che dovevo
farmi gli affari miei, che lui non era mio amico e che dovevo lasciare
stare; così mi sono morsa la lingua ed ho fatto finta di niente.
Quando finisco di lavorare e controllo il telefono dopo mezzora scopro
di avere due chiamate da un numero che non conosco. Pensando che sia
importante lo richiamo subito, mentre mi dirigo alla macchina
parcheggiata poco distante dalla caffetteria sento gli squilli infiniti
del telefono, finché una voce che conosco fin troppo bene risponde.
«Isabella, ho provato a chiamarti due volte!»
«Sì, ho appena finito di lavorare ed ho guardato il telefono solo ora. Cosa vuoi Edward?»
«Ho bisogno che passi in ospedale dieci minuti, ti devo parlare!»
Sbuffo, mi infilo in macchina e mi chiudo dentro, la prudenza non è mai troppa.
«Non ho molto tempo in realtà, stasera ho organizzato una mezza cosa e sono impegnata!» Mento, mento spudoratamente.
«E’ importante, ci vediamo qui tra poco!» Chiude la telefonata e io
stacco il telefono dall’orecchio guardandolo con circospezione. E’ un
maledetto dittatore. Mi ha chiamata con un numero che non conosco, vuole
che passi in ospedale da lui, ma perché? Spero non ci sia Jasper perché
non ho proprio voglia di incontrarlo. E poi, perché ci devo andare? Sì,
ha detto che è importante ma io non sono nessuno per lui, perché dovrei
lasciarmi convincere?
Mi arrovello la testa con questi dubbi e domande, ma intanto ho già
svoltato in direzione dell’ospedale e dopo tre quarti d’ora in mezzo al
traffico riesco a trovare parcheggio distante dall’entrata.
Evidentemente non ho imparato la lezione come speravo. Salgo al piano di
Edward e mi convinco a passare da Rosalie in un secondo momento, ora
devo assolutamente togliermi questa spina nel fianco con Cullen.
Quando entro in camera, dopo aver bussato ho una splendida
sorpresa: Rosalie, Angela e Emmett sono seduti di fianco a Edward.
Rosalie ha il bendaggio sulla testa nuovo e un po’ più piccolo, siede
sulla sedia a rotelle e ha un pulsante attorno al collo per chiamare le
infermiere in qualsiasi momento.
«Ehi Bella, ben arrivata!» Storco il naso e mi avvicino con espressione titubante.
«Ciao Rosalie, come ti senti?»
«Meglio, molto meglio!» Sorride e mi fa cenno di sedermi. Saluto gli
altri nella stanza mormorando appena il nome di Angela e rivolgendomi
poi a Edward.
«Allora, cosa c’è di così urgente da dovermi parlare in questo istante?»
«Urgente! Se fosse stato urgente tu saresti comunque arrivata in
ritardo!» Alzo gli occhi al cielo e ascolto mentre continua con quella
voce che è diventata un così bel piacere. «Sicuramente avrai sentito che
Newton vuole sciogliere il contratto.»
«Sì.» Mi accomodo meglio sulla sedia e accavallo le gambe osservandomi
le unghie della mano. Devo mostrarmi indifferente, anche se muoio di
curiosità.
«E questo non ti interessa nemmeno un po’?» Gli lancio un’occhiataccia,
sa che punti spingere il bastardo, poi torno a concentrarmi il mio
smalto nero rovinato sulle unghie.
«Dovrebbe? Sono stata licenziata, non vedo cosa dovrebbe interessarmi.»
«Okay, allora mettiamo il caso che tu non sia stata licenziata, cosa faresti in questo momento?»
«Beh, quello che farei io non è importante perché il “caso che io non
sia stata licenziata” non esiste. Io sono fuori da più di un mese e non
intendo affatto mettermi in mezzo a queste questioni.» Edward sbuffa e
Rosalie ridacchia mentre Angela e Emmett fanno scivolare gli sguardi tra
me e Cullen.
«E’ importante invece, io lo voglio sapere!»
«Tu vuoi, tu vuoi! Tu vuoi, tu odi, tu non sopporti… tu, tu, tu! Cullen,
non gira tutto attorno a te. Ciò che tu desideri non è quello che
vogliono gli altri!»
«Cazzo, come sei cocciuta!» Chiude gli occhi e inspira più volte dal
naso. «Senti, ricominciamo dall’inizio. Abbiamo questo problema, tu sei
parte del team, come lo risolvi?»
Punto gli occhi nei suoi, determinata a finire questa chiacchierata
prima che mi venga il mal di testa. Se lui sa che punti spingere per
farmi innervosire, devo dire che so bene anche io quali tasti pigiare.
«No, avete un problema, io non sono parte del team e non
risolvo nulla. E’ facile venire a chiedere il mio aiuto ora, dopo avermi
lasciata a casa. Vorresti che ti aiutassi a risolvere questo problema
gratuitamente senza ricevere nulla in cambio e senza potermi definire
una vostra dipendente? E’ fuori discussione!»
«Questo è qualcosa che si può risolvere!» Borbotta tra sé.
«Ah sì? E come? Mi paghi fuori busta una tantum per i miei servigi?
Metti in conto anche le ore passate al tuo capezzale, per favore!»
«Come sei venale! Tutto si riduce al denaro… Sarai pagata, hai la mia
parola. Ora esponici le tue idee!» Nel frattempo gli altri ci osservano
curiosi e sbigottiti.
«Sei cocciuto e dispotico. Non sono una tua dipendente Cullen e non ho intenzione di lavorare per te a queste condizioni.»
«Sei riassunta! Santo cielo! Firma le carte e ti riassumiamo a partire
da ora. Angela ed Emmett non ce la fanno a lavorare da soli e Newton
vuole solo te e Edward. Gli altri tirocinanti non hanno dimestichezza
con progetti di questa portata e siamo sommersi di lavoro per domandare a
Vincent, Jake e Mark. Edward voleva dirti che ti abbiamo fatto venire
qui soprattutto per farti firmare le carte per riassumerti. Finirai il
tirocinio e potrai portare avanti la tesi e laurearti, poi se vorrai ti
proporremo un contratto di dipendente a tutti gli effetti. Sono ammessi
anche i ritardi giustificati e avrai un extra nella prima busta paga se
farai firmare il contratto definitivo a Newton!» Resto sbalordita dalle
parole di Rosalie e continuo a fissarla a bocca aperta.
«Dici davvero?»
«Sì, dico davvero! Angela falle firmare le carte. Mettiamo fine a tutto
questo casino e per favore, vi prego, non fate fare nulla a Irina finché
non ci siamo noi a risolvere i suoi casini!» Angela estrae una
cartellina gialla dalla borsa, il mio nome è scritto con il pennarello
indelebile nero, mi porge una penna e mi passa la cartellina. Fisso il
contratto di assunzione con un certo orgoglio ma, allo stesso tempo, con
disagio.
«Bella, che diavolo stai aspettando?» Mormora Emmett di fianco a Angela.
Non so se nel silenzio della camera tutti si accorgono di quello che
dice, ma Emmett ha mosso solo l’angolo della bocca, per cui temo di
averlo capito solo io. Anzi, è una fortuna. Non ho per niente il
desiderio di mostrarmi febbricitante all’idea di firmare la mia
assunzione definitiva all’interno dell’azienda.
«Posso restare da sola con Edward per qualche momento?»
«Oh no, no, no! Non manderai a puttane questa opportunità. Ti conosco.
Firma e poi usciamo!» Emmett mi fissa negli occhi e, questa volta, il
tono è chiaro e forte. Mi sono lamentata diverse volte del comportamento
tenuto dal capo settimane prima, quando quasi senza motivazione mi
aveva licenziata senza possibilità di appello.
Adesso il mio non firmare il contratto di riassunzione è qualcosa che li
mette in agitazione, li capisco. Ma ho la necessità di fare di testa
mia.
«Non so se è quello che voglio al momento!» Dico osservando negli occhi
Edward. «Ho bisogno di cinque minuti.» Emmett ringhia uno “Stupida” tra i denti ma si alza.
«Saremo nella sala d’aspetto.» Dice Angela spingendo la carrozzina di
Rosalie fuori dalla porta. Mi alzo in piedi e appoggio la cartellina
sulla sedia, poi mi metto a girovagare per la camera, nel silenzio
assoluto. Non so quanto tempo passa ma alla fine trovo il coraggio per
iniziare a parlare.
«Non sono sicura di voler firmare! Sapevo già come la pensava Rosalie,
ma io non sarei solo una sua dipendente e lavorare per un uomo che mi
considera inadeguata per la mia professione non è gratificante. Sarebbe
sempre tutto come prima, ci scorneremmo ogni dieci minuti, non andremmo
mai d’accordo e finiresti per licenziarmi una seconda volta. Ti servo
per Newton, perché tu non puoi portare a termine il lavoro, e poi? Ma
giusto per dirne una… tu ora hai bisogno di me, hai bisogno di qualcuno.
Che ironia bastarda!» Mi appoggio sul tavolo con il sedere e incrocio
le braccia sul petto guardandolo. Mi fissa negli occhi e il suo verde
lucido mi dice quanto sia teso in questo momento.
«Che cosa vuoi che ti dica? Non vuoi firmare? Pazienza, farò venire
Newton in ospedale e gli farò firmare il contratto qui!» Scoppio a
ridere e allargo le braccia.
«Fantastico! Abbiamo risolto il problema! Non capisco perché non ci hai
pensato prima!» Prendo la cartellina e gliela appoggio sul letto
sorridendo. Non potremmo mai lavorare insieme, io e lui. Lo saluto con
la mano alzata dirigendomi alla porta.
«Te ne vai? Non te ne esci con una delle tue brillanti idee sul progetto?»
«Naa, non ne vale la pena. Hai tutto sotto controllo!» Ho già la mano sulla maniglia quando parla ancora una volta.
«Okay, hai vinto. Ti rivoglio nel team. Licenziarti è stato un errore
colossale. Hai idee brillanti, sei sveglia, instancabile, hai un
approccio al cliente fresco, rilassato ma sei professionale, determinata
ed è un piacere lavorare con te!» Mi volto sorpresa e i nostri sguardi
finiscono uno nell’altro. Mi avvicino al letto fino a fermarmi davanti
al suo viso.
«Ripetilo!» Mi sorride alzando solo un angolo del labbro e chiudendo appena gli occhi.
«Sei una bastarda a volte, sai?»
«Allora sembra proprio che abbiamo qualcosa in comune. Ripetilo!»
«Ho detto che ti rivoglio nel team!»
«Anche tutto il resto!» Mi sorride, mi sorride davvero e credo di sorridere anche io perché sento la pelle del volto tirare.
«Sei in gamba, brillante, professionale, determinata, instancabile, e
lavorare con te è una garanzia. Ho sbagliato a licenziarti.» Lo mormora
solo perché siamo vicinissimi e i nostri nasi quasi si sfiorano. «Ora
firma!» Mette in mezzo tra i nostri volti la cartellina gialla e
ridacchio afferrandola.
Firmo negli appositi spazi e alzo gli occhi su di lui consegnandoli la cartelletta.
«Bentornata nel team, Isabella!» Il tono dolce con cui lo dice mi scalda
il cuore e solo in quel momento mi rendo conto di quanto siamo stati
vicini un attimo fa. Le nostre labbra erano ad un passo dal toccarsi,
potevo sentire il suo fiato sulle mie labbra se solo fossi stata più
attenta.
«Grazie, Edward!» Sono emozionata, lo ammetto. Devo sedermi e il posto
più vicino è il letto dove c’è Cullen. Rubo un angolo e mi ci siedo.
Appoggio la cartellina ai piedi del letto e sospiro felice, ci guardiamo
per un attimo che sembra infinito poi lui distoglie lo sguardo.
«Come vanno le ferite?»
«L’altro giorno ha sanguinato sempre la solita, sembra che non tenga i punti!»
«Oppure sei tu che non ascolti i consigli dei dottori e ti muovi
troppo!» Sghignazzo e lo faccio ridere, mi fa l’occhiolino e torna a
guardarmi.
«Tu hai parlato con Jasper?»
«Sì, ma non c’è altro da dire. Ha espresso il desiderio che mi faccia i fatti miei, è quello che faccio da quel momento!»
«Già… Immaginavo che ti fossi infuriata per quella frase!»
«Non è solo una frase è che… Non importa. Lascia stare!»
«Sono stato pessimo con lui quel giorno.» Mormora fissando la coperta
che appoggia sul suo petto. «Gli ho urlato addosso, l’ho accusato, gli
ho detto cose davvero cattive. Lui non si è trattenuto. Mi ha sbattuto
in faccia tutti i miei errori e tutto ciò che ha fatto per me senza che
io lo sapessi. Mi ha raccontato di tutte le volte in cui è corso da me
e… Io gli ho detto che non fa più parte della mia vita. In quel momento
ha chiamato Alice e lui si è sfogato con lei. Abbiamo combinato un
pasticcio. Dopo che sei andata via lui si è seduto sulla sedia e mi ha
detto che era felice con te, che poteva parlare di tutto ciò che un
tempo condivideva con me.»
«Avete fatto pace?»
«Non credo che possa chiamarsi pace a tutti gli effetti. Abbiamo
stabilito una tregua. Gli ho chiesto scusa a modo mio per quello che gli
avevo urlato e gli ho detto che se voleva passare a trovarmi sarei
stato felice. E’ venuto ieri, abbiamo parlato un po’ e… avevi ragione.
Jasper c’è sempre stato, non mi ha mai lasciato solo. Gli devo tanto.»
«Ricordatene in futuro!»
«Lo farò. Ora parliamo d’altro. Domani dovrai andare in ufficio e
contattare Newton. Sono sicuro che ti inventerai qualcosa e mercoledì ci
sarà alla riunione. Il dottore ha detto che se tutto va bene mi
dimettono lunedì, questo significa che non potrò partecipare al briefing
con il cliente.»
«Vuoi che lo gestisca io?» Sgrano gli occhi sorpresa.
«Sì.»
«Ma sono solo una tirocinante!» Sbalordita scuoto la testa. «Se faccio
un casino poi mi licenzi di nuovo!» Ridacchia e scuote la testa
imitandomi.
«No, davvero. Sono certo che farai un ottimo lavoro. Domani passa di qua
e stabiliamo una strategia per la riunione. Starò sveglio fino a tardi
quindi vieni pure dopo cena se preferisci!»
«Non credo che mi faranno passare!»
«Credono tu sia la mia fidanzata, avranno un occhio di riguardo per te!»
Ci troviamo a ridere insieme e quando ci calmiamo continuiamo a
fissarci negli occhi.
«Mi hai riassunta Cullen. Hai ammesso di aver sbagliato. Stai
recuperando il tuo rapporto con Jasper… speriamo che quando tornerai in
ufficio sarai meno stronzo!» Mi guarda serio per un momento.
«Sono gli incubi che non mi fanno dormire e mi fanno agitare…» Sussurra.
«E allora devi trovare il modo per stancarti di più e dormire di meno. Appunterei come nota anche essere più rilassato!»
«Vuole altro per Natale signorina Swan?»
«Sì, vorrei andare in montagna, in una casa con il caminetto, una
piscina riscaldata al coperto e guardare le stelle! Vorrei anche un uomo
bellissimo, intelligentissimo e ricchissimo al mio fianco a farmi
stancare, così da non avere gli incubi durante la notte! Quando trovi un
pacchetto del genere avvisami che lo compro subito!» Ride e annuisce.
«Bene, allora vado!»
«Il numero con cui ti ho chiamato è il mio privato, se… se vuoi puoi ehm… memorizzarlo!»
«Che fine ha fatto quello di servizio?»
«Pensavo che avessi ancora quell’odiosa suoneria associata al mio nome e
che non rispondessi se la sentivi!» Scoppio a ridere e alzo i pollici.
Avrei fatto esattamente quello.
«Passo domani, cerca di riposare qualche ora, se vuoi distrarti sul
canale sessantacinque ci sono le repliche di un quiz dalle due alle
cinque e sul centodue ritrasmettono all’infinito i Robinson, mentre sul
duecentoventitre i due comici muti.»
«Grazie.» Mormora sorridendo. Prendo le mie cose e sono già alla porta quando si schiarisce la voce.
«Chiama Bruce e digli che non servirai mai più caffè e sandwich nella
sua caffetteria! Sei sprecata lì dentro!» Sorrido e lo saluto con la
mano senza voltarmi. Passo dalla sala d’aspetto e li aggiorno con le
novità, Rosalie viene accompagnata da un’infermiera al suo piano mentre
io esco dall’ospedale con Angela e Emmett.
«Scusa, capisco come ti devi essere sentita!» Mormora Angela in ascensore.
«Non ti preoccupare, io capisco te.»
«C’è tanto lavoro, Edward e Rosalie sono bravissimi a non farsi prendere dal panico.»
«Vedrai che ce la faremo!» Mi accompagnano alla macchina e poi, finalmente, mi dirigo a casa.