lunedì 29 febbraio 2016

Capitolo Nove

**Note di Aly

Buonasera a tutti/e! Chiedo perdono per l'immenso ritardo e per non aver risposto alle recensioni. Purtroppo sono sorti degli impegni che mi hanno tenuta occupata. Anche se il capitolo era pronto non riuscivo a trovare un buco di tempo per postare.

Il mio pezzo preferito dello scorso capitolo:
Dal capitolo otto


«Okay, hai vinto. Ti rivoglio nel team. Licenziarti è stato un errore colossale. Hai idee brillanti, sei sveglia, instancabile, hai un approccio al cliente fresco, rilassato ma sei professionale, determinata ed è un piacere lavorare con te!» Mi volto sorpresa e i nostri sguardi finiscono uno nell’altro. Mi avvicino al letto fino a fermarmi davanti al suo viso.
«Ripetilo!» Mi sorride alzando solo un angolo del labbro e chiudendo appena gli occhi.
«Sei una bastarda a volte, sai?»
«Allora sembra proprio che abbiamo qualcosa in comune. Ripetilo!»
«Ho detto che ti rivoglio nel team!»
«Anche tutto il resto!» Mi sorride, mi sorride davvero e credo di sorridere anche io perché sento la pelle del volto tirare.
«Sei in gamba, brillante, professionale, determinata, instancabile, e lavorare con te è una garanzia. Ho sbagliato a licenziarti.» Lo mormora solo perché siamo vicinissimi e i nostri nasi quasi si sfiorano. «Ora firma!» Mette in mezzo tra i nostri volti la cartellina gialla e ridacchio afferrandola.
Firmo negli appositi spazi e alzo gli occhi su di lui consegnandoli la cartelletta.
«Bentornata nel team, Isabella!» Il tono dolce con cui lo dice mi scalda il cuore e solo in quel momento mi rendo conto di quanto siamo stati vicini un attimo fa.



Detto ciò state all'occhio che pubblicherò anche le nuove OS.
Un abbraccio, buona lettura.
Aly**






Dopo un mese a lavorare in caffetteria, dove la sveglia suonava alle cinque meno dieci minuti, alzarmi alle sei e mezzo mi è parso un sogno. Mi sono svegliata in anticipo perché ero talmente carica di adrenalina che non riuscivo più a stare sdraiata. Sono scesa di fretta e, salita in macchina, mi sono diretta alla Cullenhale sempre più motivata. Quando sono arrivata alla sede Joe mi ha fatta entrare e mi ha mandata da Alice con un badge provvisorio, che Alice ha prontamente sostituito con quello ufficiale che avevo prima. Alice mi ha chiesto scusa per non avermi telefonata, mi ha detto che non era dalla parte di Angela ma che credeva mi stessi staccando da loro, le ho spiegato le mie motivazioni e abbiamo sotterrato ogni malumore mentre sorseggiavo un caffè del distributore automatico. Ecco l’unica cosa che non mi è mancata di questo posto, quella brodaglia schifosa che chiamano caffè. Ci siamo fatte dieci minuti di chiacchiere prima che salissi al piano dove c’era il mio cubicolo. Ho risistemato le mie cose, i miei fascicoli, la mia pinzatrice, i post-it e la foto della mia famiglia. Poi ho acceso il computer e mi sono messa a passare i file dalla pennetta e a cambiare quel freddo e antipatico screensaver. Angela mi ha raggiunta alla postazione quando avevo terminato, mi ha lasciato alcune dispense con decine e decine di post-it e una tazza di caffè fumante presa dal bar all’angolo. Mi ha dato il bentornata e poi si è chiusa nel suo ufficio per iniziare la mattinata. Io avevo l’incarico più importante alla prima voce della lista. Chiamare Newton e risolvere il casino con lui. Dopo insistenti telefonate alla sua segretaria sono riuscita a raggiungerlo. Gli ho spiegato che io ero momentaneamente fuori sede e che ho lavorato al progetto a distanza, mandando ogni nuova postilla e idea a Edward che approvava e aggiungeva idee al progetto. Mi sono inventata di non essere stata raggiungibile perché ero fuori sede per problemi familiari urgenti, che Irina non ne era a conoscenza e che Angela è la vice di Edward e Rosalie in questo momento, per cui non si deve preoccupare se il progetto è arrivato alle sue mani.
L’ho rigirata il più possibile e alla fine si è convinto a dare conferma della sua presenza per il giorno seguente. L’ho segnato in agenda elettronica, ho prenotato la sala e ho chiamato Irina per avvertirla di tenersi alla larga.
Poi mi sono messa a guardare le dispense che Angela aveva portato sulla mia scrivania. Erano alcuni dei progetti che Cullen aveva lasciato a metà e che non aveva più mandato avanti, la scadenza era a breve per tutti quelli. Per fortuna erano imprese di piccole dimensioni, o piccole società che non richiedevano grandi sforzi. Dopo tre ore ero finalmente libera dalle carte e pronta per affrontare il primo problema della giornata. Dare una fine ad almeno uno di quei lavori. Leggendo le varie idee di Cullen la mia mente ha macinato, macinato e macinato finché non ha trovato l’idea vincente per due dei progetti. Ho buttato giù una mappa delle idee per non perdere niente e nel frattempo rispondevo alle telefonate interne che mi venivano passate. Alice mi ha portato un sandwich al tacchino e insalata verso l’una e mezza, Emmett mi ha lasciato una tazza di caffè con occhiolino alle due e mezza, mentre Seth era impegnato a mandare messaggini per pensare ad un gesto carino di bentornata per me!
Alla fine mi sono alzata dalla scrivania alle sette e mezzo. Ben oltre il mio orario di lavoro alla caffetteria, ma ero soddisfatta e serena. Ho infilato le dispense nella borsa del portatile, raccolto le ultime cose dalla scrivania ed ho salutato Angela prima di andarmene.
“Passi da Edward stasera?” Mi chiese.
“Sì, ha detto che dobbiamo stabilire alcune cose per la riunione di domani. Probabilmente vorrà farmi imparare a memoria tutta la storiellina da raccontare a Newton per essere sicura che non vada fuori dagli schemi!”
“Puoi portargli questi? Sono delle carte che deve firmare, Irina le ha messe sul mio tavolo ma non posso prendere queste decisioni.”
“Va bene, c’è altro?”
“No, vai pure. Io ho un’altra mezzora e poi vado a casa. Hai… hai visto Seth uscire?”
“Sì, circa alle sei.”
“A domani Bella!” La saluto e scendo di corsa al parcheggio. Alice stacca il turno alle sei da quando ognuno ha iniziato a fare gli straordinari, il suo orario normale era fino alle cinque. Scommetto che prossimamente dovrà aumentare di un’altra ora il suo straordinario, se vogliamo dare appuntamento a tutti i clienti che sono in sospeso.
Per arrivare in ospedale sono costretta a deviare più volte per strade secondarie, colpa del traffico, ma questo mi permette di passare davanti a una pizzeria d’asporto italiana che non ricordavo ci fosse. Ho fermato bruscamente l’auto in un parcheggio e mi ci sono fiondata. Tutta contenta ne sono uscita con due pizze e due aranciate.
Quando entro nel reparto le infermiere mi guardano sorridendo.
“Signorina Swan!”
“Salve a tutte! Come si sente Edward oggi?”
“Bene, è anche meno scorbutico del solito. Si rifiuta di mangiare però, a pranzo il suo amico è riuscito a fargli mangiare il polpettone, stasera non ne ha voluto sapere del riso!”
Ridacchio e ricordo la frase detta qualche giorno fa da Edward. “Odio farmi imboccare!” Poveretto.
“Vediamo se riesce a mangiare qualche fetta di pizza!” Le saluto e busso alla porta prima di entrare.
“Ciao, posso?” Mi sorride appena. “Sono passata per Newton, non sto qui molto però!”
“Non preoccuparti! Non ho nessun impegno, io! Voi invece mangerete le pizze fredde!” Indica con la testa i cartoni tra le mie mani. Appoggio tutto quello che ho sul tavolo e mi metto a sistemare ciò che mi serve. Sposto il vassoio con la cena di Edward sul tavolo, e lo sostituisco con i cartoni delle pizze e le due aranciate. Poi dalla borsa prendo il portatile e le dispense.
“Ehi, che fai?” Mi chiede quando apro il cartone con la sua pizza.
“Ho fame! Oggi non ho mangiato molto a pranzo, ero presa da alcune cose di cui dopo dobbiamo parlare. Così mi sono fermata a prendere due pizze. Spero che funghi vada bene per te, non sapevo cosa preferisci!” Mi guarda con gli occhi sgranati.
“E’ per me la pizza?”
“Certo, pensavi che mangiassi da sola?” Alza le spalle e ridacchio. “Sai cos’ha di bello la pizza?” Scuote la testa. “Che ti puoi arrangiare a mangiarla perché serve solo una mano!” Gli strizzo l’occhio e lui scoppia a ridere. Facendo i movimenti più delicati possibili appoggio la pizza sul suo stomaco e alzo un pochino di più il materasso. Gli chiedo se ha fastidio alle ferite ma sorridendo dice di no. Guarda la pizza come se fosse la cosa migliore che gli capita da secoli e devo ammettere che dopo le minestrine, polpettoni e verdure al vapore lo penserei anche io.
“Cosa aspetti?” Era titubante e stava cercando di capire come prendere la fetta probabilmente.
“Non dirmi che sei uno di quelli che mangia la pizza con coltello e forchetta. Ti prego, non dirmelo!” Enfatizzo il mio disprezzo congiungendo le mani come in preghiera e lui ridacchia.
“Veramente no. Amo mangiarla a piedi scalzo sul divano, con una bottiglia di birra e un tovagliolo per pulirmi le dita quando fanno proprio schifo!” Rido scompostamente seduta sul materasso di fianco a lui.
“Pazzesco, sei normale anche tu allora!”
“Sì, così pare!” Sorride e poi decide di prendere la prima fetta. Le osserva bene una per una e mi accorgo che ha il mio stesso vizio. Mangio in silenzio fino all’ultima fetta, si gira a guardare il mio cartone ormai con l’unico pezzo e poi alza gli occhi su di me. “No, non dirmelo…”
“Sì, a quanto pare abbiamo due cose in comune!” Lo interrompo sghignazzando.
“Mangi prima le fette che hanno meno ripieno e lasci la più succosa alla fine!”
“Che vuoi farci, è un vizio!” Alzo le spalle mordendo l’ultima fetta e in meno di trenta secondi è finita anche quella.
“Penso che sia la cosa più buona che ho mangiato da molto, molto tempo! Devi dirmi dove si trova questa pizzeria, perché vicino al mio appartamento non ce ne sono di così buone!” Gli allungo il biglietto da visita che ho rubato alla pizzeria e strizzo l’occhio pulendomi le mani.
“Abbiamo un po’ di cose da fare! Angela mi ha dato dei documenti che devi firmare e che Irina ha ben pensato di dare a lei, poi dobbiamo accordarci per Newton e ho anche alcune idee di cui volevo discutere con te. Sei pronto?”
“Certo!” Sposta le gambe per farmi più spazio e io appoggio il computer sul letto avvicinando la sedia a lui. Mentre cerco i file di oggi lui legge i fogli che gli ha mandato Angela.
“Okay, hai un post-it?” Tiro fuori dalla borsa i foglietti gialli e prendo una penna. “Alla riga tre c’è un errore di battitura, così come alla riga sette, dieci, undici e ventidue. Non firmo una cosa del genere. Il fax che è arrivato non è da firmare, mi hanno mandato la stessa mail a cui ho già risposto oggi pomeriggio. Il dettaglio spese deve essere ricontrollato perché non sono in ufficio per poterlo fare di persona, chiederemo a qualcuno di cui ci fidiamo e lo sorveglieremo.”
“Ehi aspetta, devo cambiare post-it!” Lo attacco al portatile e riprendo a scrivere.
“Poi ci sono le tre comunicazioni urgenti. La prima è una circolare che deve passare ai tirocinanti con cui si stabilisce che presto ci saranno le valutazioni!” Mi strizza l’occhio. “ E che i progetti iniziati devono essere portati a termine entro la data riportata nella circolare, cioè fra due lunedì. La seconda è per Alice e le guardie in realtà, ed è un aggiornamento per le norme di sicurezza, vorrei che partecipassi anche tu Isabella. La terza è per la pulizia nelle toilette.”
“Scusa, io ho preso appunti ma… cosa devo fare?”
“Io con la sinistra non posso firmare, delego ad Angela la facoltà di firmare con presa visione.”
“E come fai?”
“Tu scriverai per una mail che io girerò ad Angela con la mia firma elettronica!”
“Sei un genio!” Mormoro afferrando il pc e appoggiando il post-it e la penna.
“Lo so!” Gli faccio il verso e lui ridacchia.
“Bene, allora genio, possiamo iniziare con le cose davvero importanti! La prima, Newton!”
Tiro fuori il file dalla cartella dedicata al cliente e scorro le pagine fino ad arrivare alla mappa concettuale finale che ho stilato questa mattina.
“Vedo che hai aggiunto qualcosa dall’ultima volta!” Annuisco e lui resta un attimo a fissare e memorizzare la mappa. “Okay, so bene che riuscirai a convincerlo della validità dello spot, appoggio l’idea rischiosa insieme a Rosalie, ma se Newton dovesse sembrarti titubante e per niente convinto della proposta, nonostante le insistenze che muoverai tu da brava donna del marketing, metti avanti l’altra alternativa e fai scegliere a lui. Parliamo di costi. Ne avevamo discusso al primo incontro, se ricordi, non ci discostiamo da quella cifra più di tanto ma aumentiamola perché sono sicuro che incontreremo difficoltà con un cliente come lui. Tirerà il prezzo più che può ma non devi smuoverti.”
“Mi fai contrattare con il cliente anche il prezzo della campagna?” Sgomenta lo fisso con gli occhi sgranati.
“Firmerai anche tu sotto al contratto. Apporrò la mia firma in un secondo momento ma domani sarai tu a firmare il documento ufficiale, dovrai stabilire qualsiasi cosa!”
“Edward non ho mai concluso un affare!”
“Angela starà con te nella stanza, le farai fare da assistente per qualche ora, Newton non avrà nulla da ridire perché non avrà voce in capitolo sulla campagna pubblicitaria. Non farti prendere dal panico. Dentro al mio ufficio c’è un archivio dove per nome sono archiviati i contratti dei clienti, domattina vai a prendere la cartella di Newton, all’interno c’è il precompilato, ho affisso un post-it con il prezzo che avevamo stabilito all’inizio, puoi aumentarlo di circa duemila e cinquecento dollari, tanto sappiamo che modificherà le clausole a metà del lavoro appigliandosi al nostro ritardo, lo conosco bene!”
Cerco di memorizzare ogni cosa, ma la notizia che sarò io a completare un affare mi sta rendendo le cose difficili. Mi deconcentro e immagino come può andare male la giornata di domani, se combino un casino Edward non solo mi licenzierà, mi farà terra bruciata attorno e mi manderà a raccattare la spazzatura.
“Ehi Isabella! Ti sto parlando, ci sei?”
“Edward non posso farlo!”
“Cosa?”
“Far firmare il contratto a Newton!”
“Certo che puoi!”
“Sono una cazzo di tirocinante, fino a ieri lavoravo in una caffetteria perché tu mi hai licenziata e ora… mi affidi una cosa di questa portata. O sei impazzito o sto sognando!”
“Bella, per favore… so che ce la puoi fare! Per ogni problema con te c’è Angela. Mi fido di te e del tuo lavoro!” Lo guardo male, si fida di me il bastardo! Ma se mi ha licenziata!
“E’ tutto chiaro?”
“Sì, ho capito tutto!”
“Una cosa importante. Newton verrà con due amministratori e suo figlio, vice presidente della società. Mike è conosciuto per essere un donnaiolo, è il punto di forza nella contrattazione perché se c’è una donna dall’altra parte riesce a persuaderla con moine e lusinghe! Ti prego non cadere nella sua trappola!”
“Sarò così preoccupata a non dire minchiate e a non sbagliare nulla che non mi accorgerò neppure di Mike Newton e dei suoi tentativi di entrarmi nelle mutande solo per avere uno sconto!” Mi lascio scappare borbottando. Edward, però, lo sente e scoppia a ridere tenendosi la pancia con la mano sana.
“Non farmi ridere o i punti salteranno di nuovo!”
“Vedrai che domani non riderai!”
“Passi a raccontarmi com’è andata?”
“Non lo so, dipende. Se è andata bene ci posso anche pensare, se è andata male vado a nascondermi!”
“Andiamo Isabella, so che farai un ottimo lavoro!”
“E fu così che Isabella si trovò senza lavoro per la seconda volta!”
“Smettila!” Sghignazza e prende in mano una delle dispense di Angela.
“E queste?” Gli spiego una per una le idee che ho sviluppato quella mattina per portare a termine due di quelle dispense, più la terza che non ho fatto in tempo a terminare. Lui pare entusiasta e aggiunge qui e là qualche osservazione o qualche dettaglio che mi è sfuggito. E’ bello lavorare così, se fosse di umore ottimo anche quando viene in ufficio sarebbe tutto perfetto, il luogo migliore di lavoro in assoluto.
“Ah cavoli, mi sono dimenticata di telefonare al tutorato per notificargli la re-immissione al tirocinio!”
“L’ha fatto Angela ieri pomeriggio prima di venire qui.”
“E se non avessi firmato?”
“Eravamo decisi a farti cedere in ogni modo possibile. Ecco perché Emmett era qui, nel caso ti avrebbe tenuta ferma mentre Angela ti muoveva la mano per firmare!” Non posso fare a meno di sorridere.
“Quindi devo solo rimandare la domanda di laurea e continuare con la tesi!”
“Già, questo periodo passerà in fretta, c’è anche molto lavoro da fare. Ce la fai a tenere testa a tutto?”
“Sì, ce la farò.”
“Hai già scritto qualcosa della tesi?”
“Sì, qualcosa, ho fatto delle ricerche ed ho deciso quali progetti allegare, quelli che mi sono piaciuti di più!”
“Se Newton va come deve andare puoi citare anche quello come campagna pubblicitaria conclusa e sottoscritta da te. E’ un bel passo avanti e ti darebbe qualche punto in più, non credi?”
“Forse, ora ci penso.”
“Se vuoi… posso darci un’occhiata. Qui non ho nulla da fare e molto tempo libero, posso guardare il lavoro che hai fatto fino ad ora e darti un consiglio, se ti va.”
“Certo! Sarebbe… perfetto!” Cerco di correggere il tiro perché mi sono dimostrata troppo entusiasta, ma è la prima volta in tutto questo tempo che si propone di fare una cosa del genere. Lui è davvero un genio in quello che fa e ha lampi creativi che mi spiazzano, un aiuto per la tesi è meraviglioso.
“Bene, portami il materiale domani sera, così hai un motivo per passare anche se con Newton non dovesse andare bene!”
“Sei rassicurante!” Borbotto mentre metto via il computer e le dispense.
Infilo la giacca e poi raccolgo le mie cose.
“Buonanotte Edward!”
“Buonanotte, e fammi sapere!”

Quando arrivo a casa guardo l’orologio e mi accorgo che è mezzanotte passata. Ho trascorso tutta la serata in una camera d’ospedale con il mio capo, che si sta rivelando una persona fantastica. Recupero tutto il materiale della tesi e lo infilo in borsa, poi indosso il pigiama e scivolo sotto le coperte. Poppy si adagia sui miei piedi tenendoli al caldo. Inserisco la sveglia per domani mattina e recupero il telefono per diminuire la suoneria. Ho un messaggio che non ho sentito arrivare.

Numero Sconosciuto: “Grazie per la pizza. Ps: la mia preferita è salame piccante e olive!

Salvo il numero con il nome di Edward e poi resto indecisa se rispondergli o meno. Lo schermo nero dello smartphone riflette l’immagine di me con il sorriso.

Bella: “E’ stato un piacere. Ps: me ne ricorderò per la prossima volta!



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Ho le mani che sudano, i piedi non riescono a stare fermi e non smetto di giocherellare con la penna tra le dita. L’ansia ha preso il sopravvento.
Newton si è presentato davvero con il figlio e la riunione sta diventando insopportabile e ingestibile a tratti. Sento costantemente lo sguardo del biondo di fronte a me, la sua voce quando mi parla è resa roca appositamente per farmi cascare nella sua rete e quando si è presentato ha fatto il baciamano come i gentiluomini d’altri tempi. Edward mi aveva avvertita, ma non sono pronta, in questo momento, ad affrontare una sfida del genere!
Mike sembra gentile e accomodante, uno di quegli uomini pronti a regalarti rose, cenette romantiche in riva al lago a lume di candela; uno di quegli uomini che vive per la propria donna. Il classico principe azzurro che tutte desiderano e cercano per la vita. Sarebbe facile lasciarsi andare e accettare le sue lusinghe e farmi portare a cena fuori, sarebbe addirittura gratificante sentirsi desiderate da un biondo con occhi azzurri così piacente. Uso il condizionale perché dal momento in cui è entrato nella sala riunioni non ho smesso un attimo di immaginare questo tipo di lusinghe mosse da qualcuno di diverso. Qualcuno che in questo momento si starà agitando sul letto d’ospedale e attende mie notizie, fremendo per l’impazienza.
Angela mi pizzica la coscia per farmi tornare concentrata e la ringrazio sorridendole. Quando Newton e il suo staff sono entrati hanno storto il naso vedendo che ci sarebbe stata un’assistente al mio fianco, ma si sono calmati quando l’ho presentata come vice di Cullen. Sta registrando tutta la riunione con un registratore attaccato al computer, perché non ci siano intoppi di nessun genere e, ci scommetto, perché Edward le ha chiesto di farlo. Per quanto si fidi di me vuole avere la situazione sotto controllo.
“Bene signori, Angela ha stampato per noi la copia definitiva del contratto, la campagna pubblicitaria che vi proponiamo può partire con i lavori direttamente fra due settimane, senza intoppi dovremmo avere o spot per metà novembre. Manca solo l’ultima formalità.”
Passo loro le due copie dei contratti e attendo la domanda peggiore della giornata. Parcella e costi della campagna. Il punto che temevo di più di questa riunione.
Non mi sono mai resa conto, in tutto questo tempo, di quanto Cullen riuscisse a darmi sicurezza nell’ambito lavorativo. Non c’è stato un momento, da quando ho iniziato a lavorare per Cullenhale, in cui mi sia sentita a disagio o fuori posto nel mio lavoro, quando entravo in una sala riunioni, anche se le parole che riuscivo a spiccicare erano limitate non mi sono mai sentita inadeguata. E’ capitato più volte di lavorare a stretto contatto con Edward per ore e ore, di avere briefing che occupavano tutta la mattinata, di correre in ufficio di sabato perché lui voleva così. Eppure non mi è mai pesato, l’idea di lavorare a contatto con Edward mi esaltava e mi gratificava, mi stimolava e mi faceva credere in me stessa. Sembra assurdo, soprattutto per come sono stata licenziata tempo fa, ma me ne rendo conto solo ora. Adesso che lui non è presente in questa sala e che ha lasciato a me il compito di portare a casa un affare da migliaia di dollari mi sento un’inetta. Inadeguata a ricoprire la posizione. Pecco di sicurezza, di autostima e in tutto questo tempo non mi è mai capitato sul lavoro.
Ho lasciato il telefono capovolto sul tavolo della sala riunioni, in modo che si sentisse la vibrazione ma non desse fastidio alla nostra chiacchierata. Vibrazione che si è attivata più volte durante queste due ore. Ho sempre ignorato il telefono, ma ora vorrei tanto avere l’opportunità di chiamare Edward e sentire la sua voce, sentirmi dire che ce la posso fare.
Sì, ne sono consapevole, sono una cretina.
“Il preventivo parlava di un costo lievemente inferiore, signorina Swan!” A parlare era stato l’amministratore numero uno, quello che come antipatia batteva tutti in quella stanza. Aveva mosso obiezioni e critiche per tutta la durata della mia esposizione, una rottura di coglioni infinita!
“Ha ragione. Ma i costi per sostenere e sviluppare lo spot sono maggiori di quelli richiesti per l’altra alternativa.” Mi aspetto che Angela intervenga da un momento all’altro per prendere in mano la situazione che mi sta sfuggendo, invece se ne sta zitta anche quando tutto lo staff inizia a parlare tra loro e a criticare anche questo aspetto del contratto.
“Signorina Swan, posso parlarle in privato per cinque minuti?” Mike si è avvicinato mentre ero distratta a sentire cosa dicevano gli altri presenti.
“Veramente, signor Newton siamo nel bel mezzo di una contrattualizzazione e non mi pare il caso.”
“Allora facciamo un caffè più tardi? Sono sicuro che troverà cinque minuti per un caffè qui di fronte.”
“Mi farebbe molto piacere, ma ho un carico di lavoro non indifferente sulla scrivania. Sarà per la prossima volta!”
“Il lavoro sulla scrivania sarà lì anche quando tornerà. Sono sicuro che un caffè non nuocerà agli affari della Cullenhale.”
Sento la vibrazione del telefono attivarsi e continuare a funzionare per un bel po’, segno che non è il solito messaggio ma una chiamata. Vorrei avere la faccia tosta di rispondere ma lascio perdere.
“Signor Newton, sono sicura che anche il caffè può attendere, non falliranno le caffetterie di New York da un giorno all’altro.”
“E’ un osso duro, non è vero?”
“Così dicono!” Le sue parole mi ricordano un po’ Edward quando mi dice che sono dispotica e mi trovo a sorridere tra me e me. Non so come Mike rinuncia nel suo obiettivo e torna al posto di fianco a suo padre. Dopo altri cinque minuti di discussione sussurrata finalmente si rivolgono verso di me.
“Il preventivo parlava chiaramente di una cifra inferiore, i tempi si sono dilatatati fino a tre settimane di ritardo e oltretutto Cullen non è presente all’affare. C’è qualcosa di cui dobbiamo essere a conoscenza, signorina Swan?”
“In realtà no. La Cullenhale è la stessa azienda fidata di qualche settimana fa, lo staff si impegna sempre al massimo per ogni campagna pubblicitaria. Come ho spiegato al signor Newton per telefono ieri, io non sono stata in azienda per un po’ di tempo a causa di problemi familiari e al mio rientro il signor Cullen ha avuto un incidente che lo costringe ad assentarsi dal lavoro. Angela, ha preso in mano gli appuntamenti ed ha cercato di gestire al meglio il carico di lavoro. Vi porto a conoscenza di questi dettagli anche se non dovrebbero interessarvi dato che il contratto che avete sottomano indica chiaramente che i costi aggiuntivi riguardano il tipo di campagna che vogliamo svolgere. Avete scelto l’alternativa che abbiamo trovato più redditizia e che valorizza meglio il vostro marchio ora dovete decidere voi se vale la pena investire questo denaro o meno.”
Non mi faccio distrarre dal telefono che vibra in continuazione, giuro che farò una lavata di capo a chi ha chiamato così tante volte durante queste due ore.
Il signor Newton afferra la penna e firma sul contratto insieme all’amministratore antipatico.
“I tempi stringono signorina Swan, lei ci ha garantito che avremo il nostro spot entro breve tempo. E’ sicura di farcela?”
“Sono certa di farcela!” Sorrido soddisfatta quando mi passano il contratto e con la penna porta fortuna che porto sempre con me firmo sulla riga dedicata a me. La prima campagna sottoscritta da me stessa. Stesa, completata e contrattualizzata.
Lo staff Newton si alza e ci stringiamo la mano. Ora basta solo portare a termine lo spot nei tempi stabiliti.
Li ringrazio e li accompagno da Alice, più sorridente che mai. Quando è il momento di salutarci Mike mi trattiene la mano più del dovuto.
“Allora Isabella, questo caffè?” Non mi sfugge il tono arrochito di come pronuncia il mio nome e sinceramente mi infastidisce. Non è come la voce forte e decisa con cui mi chiama Edward, quella sì che mi fa venire i brividi.
“Signor Newton mi dispiace deluderla ma sono già impegnata! Arrivederci!” Stacco la mano con insistenza e mi avvicino al banco dove Alice sta registrando l’uscita dello staff, come se dovessi proteggermi. Mike mi guarda malamente e poi segue il padre in ascensore. Bene, è andato.
Lascio un bacio sulla guancia a Alice alzando i pollici e me ne vado a sistemare la sala riunioni. Angela è felice e quando rientro mi abbraccia e si complimenta con me.
“E’ il caso che chiami Edward o impazzirà! Ha chiamato sul mio cellulare cinque volte, credo che le telefonate che hai ricevuto siano le sue!” Prendo il cellulare per controllare e mi accorgo che effettivamente ci sono quattro chiamate e sette messaggi.
“Odio quando non ha niente da fare e mi assilla!”
“E sei solo all’inizio! Quando si è beccato l’influenza mesi fa mi chiamava giorno e notte, dipendeva da quando riusciva a stare sveglio. Non avevo più una vita fuori dal lavoro!”
“Dici che è meglio farlo penare un pochino o che sia il caso di telefonargli e rassicurarlo?”
La guardo con un sorriso malvagio e lei ridacchia.
“Sei perfida!”
“Devo ancora vendicarmi per essere stata licenziata, Angy!”
“Io non voglio entrare nelle vostre questioni ma sappi che se mi chiama un’altra volta non posso evitare di rispondere! Vado a lavorare, ci vediamo per pranzo. Oggi dovrei riuscire a mettere il naso fuori dall’ufficio. E poi dobbiamo festeggiare!” Mi abbraccia ancora e porta via il suo computer. Io raccolgo le dispense e mi avvio al mio cubicolo dove decido di leggere i suoi messaggi.

Edward: “Buongiorno, Newton dovrebbe essere arrivato, avvisami quando finisci!
Edward: “Ricordati di parlare dei vantaggi a livello economico dello spot
Edward: “Non mi stai rispondendo perché sei professionale, ma almeno dire OK sarebbe gradito
Edward: “Ormai dovresti aver finito la presentazione, com’è andata?
Edward: “Santo cielo, donna rispondi!
Edward: “Ti chiamo, è urgente!
Edward: “Antipatica. Antipatica. Antipatica.

Scoppio a ridere e molti dei cubicoli vicini mi scrutano come se fossi pazza. Forse lo sono.
Decido di divertirmi un po’ e di non dirgli nulla per il momento.

Bella: “Se ti avessi scritto durante la riunione mi avresti linciata per averlo fatto. Ti conosco Boss

La sua risposta arriva immediatamente.

Edward: “Finalmente, ci hai messo una vita. Allora com’è andata?

Bella: “Devi smetterla di scrivermi durante l’orario di lavoro, conosco l’irascibilità del capo e potrebbe licenziarmi. Non voglio dover servire caffè a vita. Anche perché qualcuno mi ha detto che sarei sprecata.

Squilla il telefono dell’ufficio e rispondo, ignorando il cellulare sopra la scrivania. Alice mi avvisa che c’è una donna che vuole parlare con Cullen.
“E io che c’entro?” Mi lascio scappare controllando la posta sul computer.
“Le ho chiesto se è per lavoro e ha detto di sì, le ho detto anche che Cullen non c’è e ha detto che è urgente e che ha necessità di parlare con qualcuno dello staff.”
“Alice devi darmi qualche informazione in più.”
Sento che domanda alcune cose tenendo la mano sulla cornetta del telefono e poi torna da me.
“Okay è il PR di FashionStylePy ha detto che Cullen le aveva dato appuntamento per la prossima settimana per un briefing di aggiornamento, ma non può esserci perché parte domani per il Giappone, quindi è venuta oggi.”
“Senza avvisare. Perfetto! Devo trovare la sua cartellina, prendere una sala e parlare con Edward. Falla accomodare in sala d’attesa e falle portare un caffè da Shelly. Cerco di fare tutto.”
Appoggio il telefono e recupero il file di questa società dal mio computer. Do una breve occhiata alla campagna che stiamo sviluppando e mi rendo conto che è una di quelle ferma con le quattro frecce.
Sbuffo passandomi le mani tra i capelli e dicendo qualche parolaccia. Speriamo solo non abbia grandi aspettative. Mando in stampa la dispensa, prendo il portatile e il cellulare e mi avvio da Irina. Le dico che ho una cliente di Edward in attesa e che mi serve una sala, per fortuna per due ore è libera la sala in fondo al corridoio. Mi sistemo e compongo il numero di Edward ignorando i messaggi. Risponde al primo squillo senza lasciarmi dire nulla mi accusa

“Ho aspettato tutta la dannata mattina! Si può sapere cosa ci vuole a mandare un messaggio?”
“Edward abbiamo un problema!”
“Perfetto! Grandioso. Hai fatto sfumare l’affare vero?”
La desolazione con cui lo dice mi ferisce. Aveva detto di fidarsi di me.
“Edward!”
“No, no. Va bene. Sono stato un cretino io a lasciarti fare da sola. Dovevo insistere con Newton perché fosse Angela a portare avanti la campagna. Porca puttana! Rosalie mi uccide se lo viene a sapere!”
Lo stomaco mi si stringe in una morsa e tutte le belle parole di ieri sera finiscono nel gabinetto. Pensavo che si fidasse di me, realmente. Pensavo che credesse in me. Tutte quelle parole, tutti quei complimenti, erano solo enormi stronzate.
“Sai che ti dico? Vaffanculo!”
Lancio il telefono sul tavolo, incazzata come una belva e con l’interfono chiedo a Alice di far passare la cliente. Shelly accompagna la PR nella sala della riunione e finalmente ci presentiamo.
“Sono Milly Todd, di FashionStylePy. Ho parlato con Edward qualche settimana fa e avevamo fissato un appuntamento per il prossimo giovedì, ma devo partire per il Giappone e ho assolutamente bisogno di qualche informazione in più da dare ai miei responsabili.” Estraggo le dispense dalla cartellina, le guardo un’ultima volta e poi decido come affrontare il problema.
“Signorina Todd…”
“Signora, sono sposata!” Mi corregge mostrandomi la fede e l’anello da milioni di carati sul suo anulare. Uh, poco vanitosa la signora.
“Signora Todd, sono rientrata al lavoro dopo circa un mese di inattività a causa di alcuni problemi familiari…” Mi sembra di essere a scuola quando dovevo giustificarmi per non aver studiato. “Di conseguenza la vostra richiesta è arrivata sulla mia scrivania solo ieri. Il mio capo, il signor Cullen è assente perché si trova in ospedale. Ho visionato gli appunti che il signor Cullen ha iniziato a ideare per la campagna e devo dire che abbiamo buone prospettive.”
“Quindi non avete ancora un punto da cui partire?”
“In realtà no, l’idea è scarna e deve essere ancora arricchita di dettagli, bisogna visionare i costi e fare un’analisi di mercato. Qualche sondaggio non sarebbe affatto sgradito per verificare se l’idea di punta che stava delineando il mio capo può funzionare. Come le ho detto però, in questo momento il signor Cullen non è al lavoro e sarò io a seguire la campagna pubblicitaria.”
“Questo sposta i termini di consegna del progetto. Sbaglio?”
“Li avevate fissati per la settimana prima di Natale, sicuramente poi i lavori per lo spot resteranno fermi fino al due di gennaio. A questo punto ci sono due soluzioni. O facciamo un lavoro approssimativo e terminiamo prima del termine tentando di mandare in registrazione lo spot spartano che abbiamo, sperando che la casa di produzione sia disponibile. Oppure ci prendiamo del tempo per fare un buon progetto e rimandiamo l’approvazione alla prima settimana di gennaio.”
“Sa che non sono le uniche due alternative possibili, non è vero? Potrei anche affidare la campagna ad un’altra agenzia pubblicitaria.” Mi guarda con il sopracciglio alzato come per intimare che è quello che farà, dato che non è soddisfatta dell’incontro.
“Commetterebbe un gravissimo errore. Noi abbiamo già tutti i dettagli e l’impronta per uno spot, si tratta solo di portarlo a termine come si deve e rimandare di qualche settimana la messa in onda. Cambiare agenzia in questo momento richiederebbe uno spreco di energie per valutare quale, attualmente, è la migliore nel mercato… ovviamente dopo di noi. Cullenhale ha ottenuto cinque stelle di merito da tre delle riviste di marketing più importanti del paese. La quotazione in borsa non ha avuto grosse fluttuazioni e restiamo ancora la società di marketing con più successo. Siamo i numeri uno e siamo consapevoli di esserlo. Abbiamo sempre rispettato i termini e gli accordi pattuiti, purtroppo in questo momento cause di forza maggiore ci hanno ostacolato. Ora la domanda è, vuole perdere altro tempo in cerca di una società di marketing mediocre o è disposta a spostare il termine di tre settimane? A lei la scelta!”
“Starò un mese in Giappone, vorrei essere aggiornata tra tre settimane via email sugli sviluppi della campagna. Al mio rientro pretendo un briefing con il signor Cullen. Veda che il ritardo sia solo di tre settimane o la parcella sarà diminuita del cinquanta percento. Arrivederci.”
Non attende neppure che le faccia strada ed esce dalla sala riunioni con passo spedito e determinato. Questa deve essere una stronza, porca miseria. Una volta arrivata al mio cubicolo scopro che Angela è seduta sulla mia sedia.
“Che diavolo hai detto a Edward?”
“Perché?”
“E’ furioso. L’hai mandato a fanculo?”
“Sì!”
“Perché?”
Le racconto della telefonata, dell’emergenza PR che è arrivata e di come sia stata stronza alla fine lei sorride e scuote la testa.
“Ho detto a Edward che Newton ha firmato alla cifra stabilita, non capisco perché non hai voluto dirglielo tu. Era un ottimo risultato che hai portato a casa e lui sarebbe stato orgoglioso di te. Ora è solo incazzato.”
“Beh lo sono anche io, la prossima volta pensa bene alle parole da usare.”
Angela scuote la testa e mi lascia da sola a lavorare. Ignoro il telefono per tutto il giorno e lo ignoro anche una volta uscita dal lavoro. Non passo in ospedale da Edward, non me ne frega niente del suo aiuto con la tesi. Lo scherzetto di oggi mi pesa come un macigno sullo stomaco. Scongelo una porzione di lasagne e la mangiucchio sul divano con Poppy che sonnecchia al mio fianco. Il telefono è ancora chiuso nella borsa e lì resterà fino a mattina.
Cullen, sei proprio uno stronzo.

martedì 26 gennaio 2016

Capitolo Otto

**Note di Aly

Salve a tutte. Che dire dopo questo immenso ritardo? Non ne ho idea. Credo che delle scuse non bastino questa volta. Quindi mi prefisso l'obiettivo di pubblicare più che posso e rendervi le mie scuse sincere agli occhi, come posso.
Che raccontarvi ora, prima del capitolo? Vi dico che questo 2016 non è iniziato nei migliori dei modi, alcune di voi lettrici che mi conoscono conoscono il motivo. Non sto qui a dilungarmi, ma vari problemi mi hanno tenuta impegnata e mi hanno allontanata un po' dalla voglia di scrivere e di condividere con voi i miei pensieri e le mie sensazioni. Sapete che nelle mie storie ci metto sempre un pochino di me, quindi non ero dell'umore adatto per scrivere, avrei rischiato di creare qualcosa di infinitamente triste e malinconico. Grazie ad una persona, però, mi sono convinta a lasciare i miei problemi da parte e ricominciare a pubblicare.

Ho adorato tutto lo scorso capitolo, quindi non ho una vera e propria parte che ho preferito.
Bene... ora passiamo al capitolo. Vi auguro buona lettura, come sempre e buona serata.
Ah, buon anno a tutte, anche se estremamente in ritardo.

Un abbraccio,
Aly**



 
La mattina seguente, quando Bruce mi vede entrare dalla porta della caffetteria mi sorride e si avvicina.
“Pensavo che mi avessi dato buca anche stamattina. Clara è a casa con la febbre per cui oggi dovrai destreggiarti anche con le sue mansioni.” Sorrido e annuisco, come un automa, cercando di superare il turbamento di trovarmi sul posto di lavoro che non amo, con una paga da fame. Per fortuna il tempo passa velocemente.

Jasper è arrivato puntuale alle cinque e cinque minuti ieri, ha guardato di sottecchi Edward e ci siamo scambiati alcune informazioni prima che potessi andarmene. Non so bene come sia stato il loro tempo insieme, ma sono sicura che lo scoprirò tra poco quando varcherò la porta della camera di Edward. Jasper mi ha mandato solo un messaggino con l’ora in cui farmi trovare lì, non mi ha detto niente di più.
Mi sono organizzata come al mio solito, ma dovendo affrontare anche la cena con un lamentone come Edward mi sono attrezzata con alcune cose per mascherare il cibo d’ospedale. Busso e la voce di Jasper mi invita a entrare. Edward si guarda i piedi mentre il mio amico è fisso davanti alla finestra.
«Ciao» Mi intrometto con voce chiara in quel silenzio assurdo, la tensione nella stanza si può tagliare a fette.
Mi rispondono entrambi con un borbottio che pare un saluto, ma di cui non sono certa.
«Bene, ottima accoglienza per quella che ha portato viveri a sufficienza per un plotone! E pensare che ho anche portato una torta con biscotti e cioccolato che farebbe gola anche a chi odia le calorie!» Cerco di buttarla sullo scherzo ma Jasper mi lancia un’occhiataccia che mi fa quasi tremare.
«Okaaaay» Mormoro appoggiando le mie cose. «Jasper forse è meglio che vai. Riposati che fra qualche ora inizia il turno.»
«A che ora devi essere al lavoro domattina?»
«Alle sei.» Storce il naso con aria incazzata e sospira.
«Edward rimarrà da solo per qualche ora. Non preoccuparti. A quanto pare non ha bisogno di nessuno e se la cava alla grande da solo!» Prende la giacca e il telefono e mi bacia la guancia. «Sabato sera sono libero. Avevo chiesto ad Alice di andare a bere una cosa fuori ma non me la sento di vederla. Possiamo uscire io e te?» Sento puzza di cazzate grosse come un rifugio antiatomico.
«Che è successo?» Ci ha messo settimane intere per farsi dire di sì ed ora rinuncia così a cuor leggero perché non ne ha voglia? E’ strano.
«Niente!» Mi volta le spalle e si avvia verso la porta ma non sono disposta a lasciarlo andare senza una spiegazione. Lo strattono per il braccio e lo faccio voltare verso di me.
«Che diavolo hai combinato?»
«Niente!» Sono lì, lì per dirgli che il suo comportamento da donnicciola non funziona con me, quando Edward interviene a voce bassa.
«Non ti conviene insistere con lei, è meglio che cedi. Sa farti parlare come nessun altro!» Entrambi ci voltiamo verso di lui, Jasper lo osserva incazzato mentre io mi concentro sul dispiacere che si intravede negli occhi di Cullen.
«Avanti, dimmelo!» Insisto ancora e lui sbuffa sonoramente prima di rispondermi.
«Mi ha mandato una serie infinita di messaggi in questi giorni per sapere come stavo e come stava andando con Rosalie, prima me ne ha mandato un altro in cui mi diceva che sabato non riusciva a spostarsi con l’auto perché sarebbe stata dal meccanico e se potevo passare a prenderla io. Mi sono incazzato e le ho detto che ho cose ben peggiori a cui pensare ora rispetto a una serata con lei.»
Non posso crederci. Sgrano gli occhi e scuoto la testa.
«Sei un cretino!» Mi lascio sfuggire. «Non so perché continuo a parlarti invece che prenderti a pugni. Sei proprio un deficiente!»
«Ero incazzato, non sapevo cosa dirle, avevo altro per la testa!»
«Non mi interessa! Cretino! Stupido!» Cerco il cellulare dentro la borsa, in modo frenetico nel mezzo del caos che noi donne abbiamo sempre appresso, quando lo trovo compongo il numero di Alice. Squilla a vuoto per un bel po’ prima che riesca a rispondermi.
«E’ colpa mia.» Mormora Edward dal letto, nel frattempo.
«Non mi interessa di chi è la colpa.» Parlo verso Jasper. «Non hai nessun diritto per parlare così a Alice solo perché sei incazzato per i fatti tuoi. Tu non hai idea di cosa voglia dire per lei aver accettato il tuo invito. Che deficiente! E pensare che ci hai anche perso un sacco di tempo per farti dire di sì. Non riesco a credere che tu sia stato così tanto stupido da rovinare tutto. Hai appena friendzonato Alice. Non c’è modo per tornare indietro.»
Finalmente sento la voce della mia amica dall’altro lato del telefono.
«Ehi Alice, ciao! Come va al lavoro?» Vorrei buttare la domanda che mi preme, ma conoscendola devo farle avere il tempo di rendersi conto che ci sono io all’altro capo del telefono e non una persona qualsiasi.
«Bene, oggi Angela ha fatto firmare un contratto a due clienti e c’è un clima di festa meraviglioso in ufficio. Tu sei da Cullen?»
«Sì, sono appena arrivata, sarà felice di conoscere questa novità. Ieri ha messo fuoco al culo di Angela dicendole che contava su di lei. Mi ha mandato un messaggio stamattina alle tre chiedendomi se la caffetteria era aperta per fare colazione alle quattro. Non me la sono sentita di mandarla a quel paese e le ho detto di passare da me. Ma non è venuta ed ha preferito andare in ufficio. Dici che impazzirà prima di Natale?» Lei ridacchia appena e poi torna seria di colpo.
«Sai che Seth si vede con un’altra?»
«NO! E’ scemo?»
«Probabile. Tutti gli uomini lo sono! Ne abbiamo già discusso, ricordi?»
«A proposito. Ho saputo. Vuoi passare nell’orario di visita a parlare?»
«No, credo che me ne starò a casa sul divano a sgranocchiare le mie cialde di riso soffiato e una tazza di centrifuga!»
«Alice!» La sento ridere e mi rendo conto di quanto la conosco bene, questa è solo una maschera ma dentro sta affondando ed ha la necessità di avere qualcuno a fianco che non la lasci sola.
«Sto scherzando!»
«No, ti conosco. E’ così che andrà la tua serata. Lascia stare il polistirolo e vai casa di tuo padre, sono sicura che Sue ha preparato le lasagne. Portamene un pezzetto per domani!»
«Bella non c’è problema! Stai facendo risultare la cosa più grande di quella che è.»
«Sì che è un problema. Ora ti devo lasciare. Tengo il cellulare in vibrazione, se hai bisogno di parlare sai dove trovarmi. Chiamerò Ryan per sapere se sei tornata a casa per cenare con loro, se non l’hai fatto giuro che la prossima volta vai da sola a fare shopping. Buona serata.» Chiudo la telefonata prima che possa ribattere e con le braccia incrociate fulmino Jasper che mi sta osservando.
«Non uscirò con te sabato, puoi scordartelo! Alice è come una sorella per me e dovresti imparare a comportarti meglio, davvero!» Mi volto verso Edward con lo sguardo furente. «Quanto a te, ti avevo detto di riallacciare i rapporti, non di farlo incazzare. Se credi di non avere bisogno di nessuno allora sei proprio un cretino. E io con i cretini non ci parlo.»
«Ehi, allora è tua la brillante idea!» Jasper fa un passo avanti verso di me. «Dovevi startene per i fatti tuoi invece che impicciarti delle nostre vite! Nessuno ti ha chiesto di metterti in mezzo e farti gli affari nostri.» La sua rabbia mi sconvolge abbastanza, meno delle sue parole però. Ora devo starmene per i fatti miei, però gli ha fatto comodo che ci fosse qualcuno qui per il suo amico. Dovevo saperlo, dovevo immaginare che sarebbe andata così, una delusione dietro l’altra, l’ennesima da aggiungere alla lista. Sto per rispondere quando il telefono vibra tra le mie mani, il numero è privato ma rispondo ugualmente.

«Pronto?»
«Bella, sono io.» La voce che sento disturbata dall’altro capo del telefono mi ghiaccia sul posto. Non riesco a parlare, né a respirare. Devo sedermi perché la testa gira troppo forte. «Bella, piccola, ho poco tempo. Come stai?» Piccola, quante volte mi ha chiamata così negli anni e quante volte mi sono sentita al sicuro tra le sue grandi braccia. Ora so che sarebbe il posto più doloroso per me.
«Perché hai chiamato?» Mormoro a voce bassa.
«Come stai?» Come sto? Come vuole che mi sento al momento? Confusa, stupita, arrabbiata, terrorizzata e sento anche un dolore al petto troppo forte per esprimermi.
«Perché hai chiamato? Ti avevo detto di non farlo.»
«Piccola, per favore. Tra poco devo andare e non so quando potrò richiamarti.» Come se io volessi che componesse di nuovo il mio numero.
«Beh nessuno ti ha detto di farlo. Stattene dove sei e non cercarmi.»
«Bella, sono passati anni, fra pochi mesi è Natale… per favore!» Natale, me ne ero anche dimenticata. Quello che una volta era il periodo più bello dell’anno per me si è trasformato, fin da quel maledetto giorno in mezzo alla strada, nel periodo più triste e malinconico dell’intero anno. Sarà Natale e, oltre al dolore normale che sentirò avvolgermi come una coperta, dovrò anche fare i conti con lui che mi chiama da chissà dove per ricordarmi che non fa più parte della mia vita da tempo. Gran bella merda.
«Per favore un cavolo! Non chiamare più!» Vinta dalle numerose sensazioni che mi bruciano dentro rispondo con rabbia, anche se il petto si stringe sempre più forte fino a farmi lacrimare. Lancio il telefono nella borsa e mi aggrappo ai braccioli della sedia per sostenermi, nonostante sia seduta mi sento cadere.
Ha telefonato, dopo mesi e mesi ha chiamato un’altra volta. Gli avevo detto di non farlo, ma ripetutamente cerca di parlare con me. Non ha capito che non voglio più avere a che fare con lui? Come faccio a farglielo capire una volta per tutte?

Non mi rendo conto di dove sono fino a che non sento una mano maschile appoggiarsi sulla spalla. Alzo gli occhi e il volto preoccupato di Jasper è vicinissimo al mio.
«Bella, tutto bene?»
No, non va bene niente in questo momento. In questo preciso istante è tutto un grosso casino attorno a me. E io me ne sto seduta come una pazza psicopatica su una sedia, al capezzale di un uomo che mi ha distrutto la carriera, per fare un favore a un tizio che credevo fosse un amico. Sono una cretina.
«Sai che c’è Jasper? Sono stanca di essere la buona di turno che la prende sempre in quel posto. Mi sono offerta di aiutarti, poi tu hai calcato la mano, ti sei permesso di parlare con il mio capo mettendo a rischio il mio lavoro. E nonostante io abbia tenuto la bocca chiusa e mi sia fatta andare bene il tuo comportamento ora sei qui a dirmi che devo farmi gli affari miei!» Raccolgo le mie cose e abbottono la giacca. «Me li faccio i fatti miei, a partire da questo momento! Edward è amico tuo, non mio. Io non c’entro niente con voi, ero qui solo per fare un favore. Ma siete entrambi troppo orgogliosi e troppo cocciuti per passare anche solo un minuto di più in questa stanza. Non sprecare tempo a cercare di chiamarmi Jasper, perché non ti risponderò. Mi faccio i fatti miei, a partire da adesso.» Esco dalla camera senza voltarmi e senza preoccuparmi di niente. Avrei dovuto fare così fin dal primo momento, non avrei dovuto propormi per aiutarlo, era da tempo che non mi capitava di fare errori di questo tipo, sicuramente da oggi imparerò la lezione. Non ci si guadagna nulla a essere buoni e gentili, finisci sempre e solo per star male.
Esco dall’ospedale di fretta, raggiungo l’auto e mezzora più tardi sono a casa. Poppy mi salta sulle gambe appena mi vede, scodinzola e mi gira attorno finché mi infilo la tuta.
Non mi pento di essermene andata, non mi pento neppure di aver allontanato Jasper, sono diventata brava a tenere chiusa la porta agli invasori e ad allontanare chi commette qualche errore. Anni ed anni di esperienza.
Per fortuna non ricevo telefonate per tutta la sera, solo Alice mi ha mandato una foto della tavola preparata da Sue a casa di suo padre, per darmi la conferma che aveva seguito il mio consiglio, io le ho risposto con la foto dei miei piedi sul tavolino e con lo sfondo della tv illuminata. Non mi ha chiesto nulla se non “Stai bene?” a cui ho risposto “Mai stata meglio!” per non farla preoccupare. Sono sicura che domani insisterà per venire a pranzo alla caffetteria, così lei e Emmett potranno farmi il terzo grado.
Mi addormento guardando una replica di un quiz televisivo, Poppy è accoccolata in fondo al divano, sopra ai miei piedi e il suo pelo morbido me li tiene caldi. Mi sveglio attorno alle tre e mezzo infreddolita e con le ossa rotte, prendo Poppy tra le braccia e mi fiondo sotto le coperte in camera da letto.
Quando apro gli occhi è perché la sveglia suona insistentemente, ricordandomi che oggi devo affrontare un’altra giornata di lavoro.
Non pensavo che Jasper ascoltasse il mio invito a non chiamarmi, ma per tutta la serata di ieri e per la giornata di oggi non ha mai squillato il telefono. E sono grata anche perché qualcun altro non l’ha fatto. La telefonata ricevuta in ospedale ieri mi ha turbata, parecchio.
Ma devo andare avanti, non ci devo pensare. Devo cancellare quei secondi in cui ho sentito la sua voce e i brividi che ho provato. Se ci fosse un maledetto tasto Reset nella mia testa sarebbe tutto più semplice.
Quando stacco alle cinque e mezza, dopo un’ora di straordinario, ad attendermi fuori dal locale c’è una volante della polizia con Jasper appoggiato al cofano e un collega seduto al posto di guida.
«Bella, possiamo parlare?»
«Le serve qualcosa agente? Ho infranto qualche norma stradale? Ho parcheggiato in divieto di sosta? Ho dimenticato di pagare l’assicurazione? Cosa vuole?»
«Bella non fare così, voglio parlarti dieci minuti, poi dovrò tornare in servizio.»
«Mi dispiace, agente, ma non ho nulla da dire!» Mi volto nella direzione in cui ho parcheggiato e inizio a camminare, ma Jasper mi segue insistendo per parlare.
«Ieri Edward mi ha fatto davvero incazzare. Abbiamo litigato, le infermiere sono venute a dirci di abbassare i toni, è stato un disastro da quando si è svegliato fino a quando non sono andato via. Dopo che sei andata via abbiamo litigato di nuovo. Non facciamo altro che litigare!»
Mi fermo di scatto quando raggiungo l’auto nel parcheggio.
«Perché mi stai raccontando i fatti tuoi, Jasper? A me non frega niente di quel che è successo ieri. Ti ricordi che ti ho esplicitamente detto che mi sarei fatta gli affari miei? Ecco, lo sto facendo. Non voglio saperne più nulla di voi.»
«Bella! Per favore!»
«Oh piantala!» Sbotto. «Per favore di qua, per favore di là. Siete solo capaci di dire per favore. Per favore cosa? Ti dovrei stare a sentire dopo che ieri mi hai placidamente detto che non mi devo impicciare? Lo sto facendo, sto facendo proprio quello che mi hai chiesto. Mi faccio i cazzi miei! Ora lasciami stare!»
«Sei insopportabile quando fai così!» Si passa le mani tra i capelli e mi guarda con gli occhi arrabbiati. Chi se ne frega se sta per esplodergli la testa per colpa del mio comportamento.
«Oh, sarei insopportabile ora? Ve lo chiedo io un favore, quando la gente vi dice di non farvi sentire o di non chiamare o di dimenticarsi di voi… fatelo!»
«Bella! Aspetta!»
«Bella un cazzo!» Sono incazzata, lo ammetto. Ora lo sono tanto e purtroppo non dipende neppure solo dalla situazione con Jasper e Edward. La telefonata di ieri mi ha sconvolta oltre ogni misura, nonostante me lo sentissi che, prima o poi, avrebbe richiamato. Lo fa sempre. Torna sempre a sconvolgermi la vita senza capire quando è il momento di piantarla.
«Devi calmarti. Non volevo dire quelle cose ieri, ascoltami per favore!»
«Jasper ho ventiquattro anni, ho visto di tutto in questo periodo di tempo, cose che forse tu neppure immagini! So quando è il momento di andare e quando è il momento di restare e so benissimo quando una persona dice quello che pensa veramente. Non devo intromettermi e non lo farò. Fatti da parte e lasciami andare!»
«Sei più cocciuta di un mulo!»
Apro la macchina e mi ci infilo dentro in velocità, partendo qualche secondo più tardi. Jasper è ancora fermo sul marciapiede a guardarmi andare via.
Stranamente, non mi sento per niente colpevole come le altre volte che ho ferito qualcuno tramite le mie parole, sarà che sono stanca di essere il pungiball per i problemi degli altri! Quando arrivo a casa, tardi rispetto al solito perché mi sono imbottigliata nel traffico dell’ora di punta, Angela è davanti al mio portoncino.

«Ehi, che ci fai qui?»
«Ho bisogno di aiuto, Bella.» Confusa le apro la porta e ci dirigiamo in silenzio verso il mio appartamento. Che diavolo potrà mai volere da me?
«Vuoi qualcosa da bere?» Le chiedo mentre cerco di non pestare Poppy tra i miei piedi.
«No, grazie.» Le dico di attendere finché mi metto comoda e dopo essermi rinfrescata la faccia e messa in tuta la raggiungo sul divano.
«Allora, cosa ti serve Angy?» Si passa le mani nei capelli, gesticola finché cerca le parole ma ci mette un po’ prima di parlare.
«Temo che Newton voglia sciogliere il rapporto con la Cullenhale!» La notizia mi spiazza.
«Scusa, spiegati meglio!» E lei lo fa. Mi racconta di come abbia fatto telefonare da Irina per spostare l’appuntamento alla prossima settimana e la segretaria di Edward si è fatta scappare che il suo capo non è al lavoro perché non lavorerà per un mese. Per cui Newton si è preoccupato di chi stesse lavorando alla sua campagna e Irina gli ha risposto che Angela stava svolgendo il lavoro sia di Rosalie che di Edward. Ovviamente Newton ha richiesto fin da subito massima professionalità e competenza e ha accettato solo me e Edward perché lavorassimo al suo caso, venire a conoscenza che nessuno dei due è sul suo progetto ma una terza persona che non conosce, l’ha messo sul chi va là.
«E tu che hai fatto a quel punto?»
«Ho richiamato personalmente Newton, mi sono presentata dicendogli che al momento Cullen non è presente in ufficio ma che sarà presente alla riunione della prossima settimana e che il progetto è stato portato a termine da voi due, che io sono solo in veste di amministratrice subordinata al momento. Ha mantenuto il contratto in piedi, ancora per il momento, ma ha urlato al telefono, gridando che è una società che pecca di professionalità.»
«Angela, lo sai anche tu che non è vero. Non ti devi abbattere. Newton non scioglierà il contratto, vedrai.»
«Al momento è al telefono con Cullen, ne sono certa. Mi ha chiesto dove poteva rintracciarlo e gli ho dato il numero di cellulare. Ho tentato di chiamare Edward prima di venire qui ma non rispondeva e quando sono arrivata al tuo portone il suo telefono era occupato. Starà impazzendo. Mi licenzierà se gli faccio perdere questo cliente!»
«Angela, devi calmarti. Stai lavorando troppo e sei nervosa. Il problema non è tuo. Ha sbagliato Irina, sappiamo bene quanto sia poco qualificata per certe mansioni, ed entrambe conosciamo la ragione per cui Edward continua a tenersela. Non certo per le sue capacità organizzative, ma per le due tette che mette in mostra ogni giorno con le camicette. Vedrai che Cullen capirà!»
«Non credo. Per questo ho bisogno di te. Se tu potessi parlare con Newton e spiegargli che è solo una distrazione di Irina e che gli dai la tua parola che la campagna continua ad essere seguita da te… forse avremmo delle speranze!»
«Neanche morta!» Sbotto di fretta. Angela sgrana gli occhi guardandomi stupita.
«Ma Bella…»
«No, no, no! Sono stata licenziata Angela, non dovrei neppure sapere questi dettagli ora. Io ne resto fuori. Parla con Edward e chiarisci con lui la situazione, anche da un letto di ospedale riuscirà a convincere Newton a non ritirarsi. Vedrai!»
«Fallo per me…» Il suo sguardo disperato quasi mi convince, l’amicizia che mi lega mi porterebbe a dire di sì, infischiandomene delle regole; so, però, che sbaglierei e che le conseguenze potrebbero essere ben peggiori.
«No Angela. Mi dispiace ma non è più un problema mio. Sono stata redarguita abbastanza questa settimana per farmi gli affari miei. La società per cui lavori non mi paga più lo stipendio quindi me ne chiamo fuori, completamente!» Angela sbuffa e si alza in piedi raccogliendo le sue cose.
«Ti credevo mia amica!»
«Lo sono!» Mi alzo in piedi e mi pongo di fronte a lei.
«No, Rosalie l’hai aiutata, lei è una tua amica… io evidentemente non sono nulla!»
«Cazzo Angela non dire una cosa del genere. Rosalie mi ha chiesto un favore diverso e tutto questo prima, molto prima dell’incidente e della disapprovazione e umiliazione di Cullen.»
«La verità è che non te ne frega niente di me!»
«Non metterla su questo piano, ti aiuterei molto volentieri se si trattasse di dare da mangiare al tuo pesce rosso, cucinare per tua nonna malata o aiutarti a convincere Seth che sei la donna della sua vita. Cazzo ti aiuterei anche a scegliere il vestito per il matrimonio, pur nonostante io odi con tutta me stessa andare per negozi. Ma stiamo parlando di infrangere la legge. Io non sono più una dipendente di Cullenhale, se ci scoprono passiamo i guai. Per favore Angela, capiscimi!»
Lei si avvicina alla porta con lo sguardo basso, è la prima volta che discutiamo in questo modo, prima di ora siamo sempre state d’accordo su tutto.
«Capisco solo che se perdo Newton come cliente perderò il lavoro e tu, cara amica, ne sarai responsabile. Buona notte!»
Chiude la porta delicatamente e Poppy guaisce deluso per non aver ricevuto neppure un saluto prima della sua uscita. Prendo un bicchiere d’acqua e scelgo cosa cucinare mentre penso alle parole di Angela, non si può assolutamente fare una cosa del genere, ne sono certa. Mi dispiace che si sia arrabbiata e che si sia offesa, ma rischierebbe il posto di lavoro lo stesso, se ci scoprissero sarebbero guai seri. Eppure, nonostante tutto, le sue ultime parole rimbombano nella mia testa come un eco che mi ferisce, volta dopo volta. Maledizione!


Non ho sentito Angela né Alice né Emmett fino ad oggi. Ho scritto io dopo due giorni a Alice chiedendole come stava e se mi faceva sapere come andavano le cose con Angela. Mi ha risposto laconicamente ed ho dedotto che il mio mancato aiuto avesse messo tutti dalla parte di Angela. Questa settimana è una delle peggiori degli ultimi tempi, credevo di avere dei buoni amici, in realtà al primo momento di difficoltà e di discordanza si sono tutti allontanati. Non parliamo di Jasper, ha tentato di mandarmi qualche messaggio a cui non ho risposto perché non c’era bisogno di continuare ad argomentare con lui. Ha provato a chiamarmi, ma non ho voluto parlargli. Ho chiamato Rosalie, però, volevo sapere come stava e quando la dimettevano: ancora non se ne parla per qualche giorno; dice che è stanca di stare sempre a letto e che vorrebbe tornare al lavoro, dubito che i suoi genitori la lasceranno lavorare presto.
Volevo chiederle se aveva notizie di Edward, ma ho pensato che dovevo farmi gli affari miei, che lui non era mio amico e che dovevo lasciare stare; così mi sono morsa la lingua ed ho fatto finta di niente.
Quando finisco di lavorare e controllo il telefono dopo mezzora scopro di avere due chiamate da un numero che non conosco. Pensando che sia importante lo richiamo subito, mentre mi dirigo alla macchina parcheggiata poco distante dalla caffetteria sento gli squilli infiniti del telefono, finché una voce che conosco fin troppo bene risponde.
«Isabella, ho provato a chiamarti due volte!»
«Sì, ho appena finito di lavorare ed ho guardato il telefono solo ora. Cosa vuoi Edward?»
«Ho bisogno che passi in ospedale dieci minuti, ti devo parlare!»
Sbuffo, mi infilo in macchina e mi chiudo dentro, la prudenza non è mai troppa.
«Non ho molto tempo in realtà, stasera ho organizzato una mezza cosa e sono impegnata!» Mento, mento spudoratamente.
«E’ importante, ci vediamo qui tra poco!» Chiude la telefonata e io stacco il telefono dall’orecchio guardandolo con circospezione. E’ un maledetto dittatore. Mi ha chiamata con un numero che non conosco, vuole che passi in ospedale da lui, ma perché? Spero non ci sia Jasper perché non ho proprio voglia di incontrarlo. E poi, perché ci devo andare? Sì, ha detto che è importante ma io non sono nessuno per lui, perché dovrei lasciarmi convincere?
Mi arrovello la testa con questi dubbi e domande, ma intanto ho già svoltato in direzione dell’ospedale e dopo tre quarti d’ora in mezzo al traffico riesco a trovare parcheggio distante dall’entrata. Evidentemente non ho imparato la lezione come speravo. Salgo al piano di Edward e mi convinco a passare da Rosalie in un secondo momento, ora devo assolutamente togliermi questa spina nel fianco con Cullen.
Quando entro in camera, dopo aver bussato ho una splendida sorpresa: Rosalie, Angela e Emmett sono seduti di fianco a Edward. Rosalie ha il bendaggio sulla testa nuovo e un po’ più piccolo, siede sulla sedia a rotelle e ha un pulsante attorno al collo per chiamare le infermiere in qualsiasi momento.
«Ehi Bella, ben arrivata!» Storco il naso e mi avvicino con espressione titubante.
«Ciao Rosalie, come ti senti?»
«Meglio, molto meglio!» Sorride e mi fa cenno di sedermi. Saluto gli altri nella stanza mormorando appena il nome di Angela e rivolgendomi poi a Edward.
«Allora, cosa c’è di così urgente da dovermi parlare in questo istante?»
«Urgente! Se fosse stato urgente tu saresti comunque arrivata in ritardo!» Alzo gli occhi al cielo e ascolto mentre continua con quella voce che è diventata un così bel piacere. «Sicuramente avrai sentito che Newton vuole sciogliere il contratto.»
«Sì.» Mi accomodo meglio sulla sedia e accavallo le gambe osservandomi le unghie della mano. Devo mostrarmi indifferente, anche se muoio di curiosità.
«E questo non ti interessa nemmeno un po’?» Gli lancio un’occhiataccia, sa che punti spingere il bastardo, poi torno a concentrarmi il mio smalto nero rovinato sulle unghie.
«Dovrebbe? Sono stata licenziata, non vedo cosa dovrebbe interessarmi.»
«Okay, allora mettiamo il caso che tu non sia stata licenziata, cosa faresti in questo momento?»
«Beh, quello che farei io non è importante perché il “caso che io non sia stata licenziata” non esiste. Io sono fuori da più di un mese e non intendo affatto mettermi in mezzo a queste questioni.» Edward sbuffa e Rosalie ridacchia mentre Angela e Emmett fanno scivolare gli sguardi tra me e Cullen.
«E’ importante invece, io lo voglio sapere!»
«Tu vuoi, tu vuoi! Tu vuoi, tu odi, tu non sopporti… tu, tu, tu! Cullen, non gira tutto attorno a te. Ciò che tu desideri non è quello che vogliono gli altri!»
«Cazzo, come sei cocciuta!» Chiude gli occhi e inspira più volte dal naso. «Senti, ricominciamo dall’inizio. Abbiamo questo problema, tu sei parte del team, come lo risolvi?»
Punto gli occhi nei suoi, determinata a finire questa chiacchierata prima che mi venga il mal di testa. Se lui sa che punti spingere per farmi innervosire, devo dire che so bene anche io quali tasti pigiare.
«No, avete un problema, io non sono parte del team e non risolvo nulla. E’ facile venire a chiedere il mio aiuto ora, dopo avermi lasciata a casa. Vorresti che ti aiutassi a risolvere questo problema gratuitamente senza ricevere nulla in cambio e senza potermi definire una vostra dipendente? E’ fuori discussione!»
«Questo è qualcosa che si può risolvere!» Borbotta tra sé.
«Ah sì? E come? Mi paghi fuori busta una tantum per i miei servigi? Metti in conto anche le ore passate al tuo capezzale, per favore!»
«Come sei venale! Tutto si riduce al denaro… Sarai pagata, hai la mia parola. Ora esponici le tue idee!» Nel frattempo gli altri ci osservano curiosi e sbigottiti.
«Sei cocciuto e dispotico. Non sono una tua dipendente Cullen e non ho intenzione di lavorare per te a queste condizioni.»
«Sei riassunta! Santo cielo! Firma le carte e ti riassumiamo a partire da ora. Angela ed Emmett non ce la fanno a lavorare da soli e Newton vuole solo te e Edward. Gli altri tirocinanti non hanno dimestichezza con progetti di questa portata e siamo sommersi di lavoro per domandare a Vincent, Jake e Mark. Edward voleva dirti che ti abbiamo fatto venire qui soprattutto per farti firmare le carte per riassumerti. Finirai il tirocinio e potrai portare avanti la tesi e laurearti, poi se vorrai ti proporremo un contratto di dipendente a tutti gli effetti. Sono ammessi anche i ritardi giustificati e avrai un extra nella prima busta paga se farai firmare il contratto definitivo a Newton!» Resto sbalordita dalle parole di Rosalie e continuo a fissarla a bocca aperta.
«Dici davvero?»
«Sì, dico davvero! Angela falle firmare le carte. Mettiamo fine a tutto questo casino e per favore, vi prego, non fate fare nulla a Irina finché non ci siamo noi a risolvere i suoi casini!» Angela estrae una cartellina gialla dalla borsa, il mio nome è scritto con il pennarello indelebile nero, mi porge una penna e mi passa la cartellina. Fisso il contratto di assunzione con un certo orgoglio ma, allo stesso tempo, con disagio.
«Bella, che diavolo stai aspettando?» Mormora Emmett di fianco a Angela. Non so se nel silenzio della camera tutti si accorgono di quello che dice, ma Emmett ha mosso solo l’angolo della bocca, per cui temo di averlo capito solo io. Anzi, è una fortuna. Non ho per niente il desiderio di mostrarmi febbricitante all’idea di firmare la mia assunzione definitiva all’interno dell’azienda.
«Posso restare da sola con Edward per qualche momento?»
«Oh no, no, no! Non manderai a puttane questa opportunità. Ti conosco. Firma e poi usciamo!» Emmett mi fissa negli occhi e, questa volta, il tono è chiaro e forte. Mi sono lamentata diverse volte del comportamento tenuto dal capo settimane prima, quando quasi senza motivazione mi aveva licenziata senza possibilità di appello.
Adesso il mio non firmare il contratto di riassunzione è qualcosa che li mette in agitazione, li capisco. Ma ho la necessità di fare di testa mia.
«Non so se è quello che voglio al momento!» Dico osservando negli occhi Edward. «Ho bisogno di cinque minuti.» Emmett ringhia uno “Stupida” tra i denti ma si alza.
«Saremo nella sala d’aspetto.» Dice Angela spingendo la carrozzina di Rosalie fuori dalla porta. Mi alzo in piedi e appoggio la cartellina sulla sedia, poi mi metto a girovagare per la camera, nel silenzio assoluto. Non so quanto tempo passa ma alla fine trovo il coraggio per iniziare a parlare.
«Non sono sicura di voler firmare! Sapevo già come la pensava Rosalie, ma io non sarei solo una sua dipendente e lavorare per un uomo che mi considera inadeguata per la mia professione non è gratificante. Sarebbe sempre tutto come prima, ci scorneremmo ogni dieci minuti, non andremmo mai d’accordo e finiresti per licenziarmi una seconda volta. Ti servo per Newton, perché tu non puoi portare a termine il lavoro, e poi? Ma giusto per dirne una… tu ora hai bisogno di me, hai bisogno di qualcuno. Che ironia bastarda!» Mi appoggio sul tavolo con il sedere e incrocio le braccia sul petto guardandolo. Mi fissa negli occhi e il suo verde lucido mi dice quanto sia teso in questo momento.
«Che cosa vuoi che ti dica? Non vuoi firmare? Pazienza, farò venire Newton in ospedale e gli farò firmare il contratto qui!» Scoppio a ridere e allargo le braccia.
«Fantastico! Abbiamo risolto il problema! Non capisco perché non ci hai pensato prima!» Prendo la cartellina e gliela appoggio sul letto sorridendo. Non potremmo mai lavorare insieme, io e lui. Lo saluto con la mano alzata dirigendomi alla porta.
«Te ne vai? Non te ne esci con una delle tue brillanti idee sul progetto?»
«Naa, non ne vale la pena. Hai tutto sotto controllo!» Ho già la mano sulla maniglia quando parla ancora una volta.
«Okay, hai vinto. Ti rivoglio nel team. Licenziarti è stato un errore colossale. Hai idee brillanti, sei sveglia, instancabile, hai un approccio al cliente fresco, rilassato ma sei professionale, determinata ed è un piacere lavorare con te!» Mi volto sorpresa e i nostri sguardi finiscono uno nell’altro. Mi avvicino al letto fino a fermarmi davanti al suo viso.
«Ripetilo!» Mi sorride alzando solo un angolo del labbro e chiudendo appena gli occhi.
«Sei una bastarda a volte, sai?»
«Allora sembra proprio che abbiamo qualcosa in comune. Ripetilo!»
«Ho detto che ti rivoglio nel team!»
«Anche tutto il resto!» Mi sorride, mi sorride davvero e credo di sorridere anche io perché sento la pelle del volto tirare.
«Sei in gamba, brillante, professionale, determinata, instancabile, e lavorare con te è una garanzia. Ho sbagliato a licenziarti.» Lo mormora solo perché siamo vicinissimi e i nostri nasi quasi si sfiorano. «Ora firma!» Mette in mezzo tra i nostri volti la cartellina gialla e ridacchio afferrandola.
Firmo negli appositi spazi e alzo gli occhi su di lui consegnandoli la cartelletta.
«Bentornata nel team, Isabella!» Il tono dolce con cui lo dice mi scalda il cuore e solo in quel momento mi rendo conto di quanto siamo stati vicini un attimo fa. Le nostre labbra erano ad un passo dal toccarsi, potevo sentire il suo fiato sulle mie labbra se solo fossi stata più attenta.
«Grazie, Edward!» Sono emozionata, lo ammetto. Devo sedermi e il posto più vicino è il letto dove c’è Cullen. Rubo un angolo e mi ci siedo. Appoggio la cartellina ai piedi del letto e sospiro felice, ci guardiamo per un attimo che sembra infinito poi lui distoglie lo sguardo.
«Come vanno le ferite?»
«L’altro giorno ha sanguinato sempre la solita, sembra che non tenga i punti!»
«Oppure sei tu che non ascolti i consigli dei dottori e ti muovi troppo!» Sghignazzo e lo faccio ridere, mi fa l’occhiolino e torna a guardarmi.
«Tu hai parlato con Jasper?»
«Sì, ma non c’è altro da dire. Ha espresso il desiderio che mi faccia i fatti miei, è quello che faccio da quel momento!»
«Già… Immaginavo che ti fossi infuriata per quella frase!»
«Non è solo una frase è che… Non importa. Lascia stare!»
«Sono stato pessimo con lui quel giorno.» Mormora fissando la coperta che appoggia sul suo petto. «Gli ho urlato addosso, l’ho accusato, gli ho detto cose davvero cattive. Lui non si è trattenuto. Mi ha sbattuto in faccia tutti i miei errori e tutto ciò che ha fatto per me senza che io lo sapessi. Mi ha raccontato di tutte le volte in cui è corso da me e… Io gli ho detto che non fa più parte della mia vita. In quel momento ha chiamato Alice e lui si è sfogato con lei. Abbiamo combinato un pasticcio. Dopo che sei andata via lui si è seduto sulla sedia e mi ha detto che era felice con te, che poteva parlare di tutto ciò che un tempo condivideva con me.»
«Avete fatto pace?»
«Non credo che possa chiamarsi pace a tutti gli effetti. Abbiamo stabilito una tregua. Gli ho chiesto scusa a modo mio per quello che gli avevo urlato e gli ho detto che se voleva passare a trovarmi sarei stato felice. E’ venuto ieri, abbiamo parlato un po’ e… avevi ragione. Jasper c’è sempre stato, non mi ha mai lasciato solo. Gli devo tanto.»
«Ricordatene in futuro!»
«Lo farò. Ora parliamo d’altro. Domani dovrai andare in ufficio e contattare Newton. Sono sicuro che ti inventerai qualcosa e mercoledì ci sarà alla riunione. Il dottore ha detto che se tutto va bene mi dimettono lunedì, questo significa che non potrò partecipare al briefing con il cliente.»
«Vuoi che lo gestisca io?» Sgrano gli occhi sorpresa.
«Sì.»
«Ma sono solo una tirocinante!» Sbalordita scuoto la testa. «Se faccio un casino poi mi licenzi di nuovo!» Ridacchia e scuote la testa imitandomi.
«No, davvero. Sono certo che farai un ottimo lavoro. Domani passa di qua e stabiliamo una strategia per la riunione. Starò sveglio fino a tardi quindi vieni pure dopo cena se preferisci!»
«Non credo che mi faranno passare!»
«Credono tu sia la mia fidanzata, avranno un occhio di riguardo per te!» Ci troviamo a ridere insieme e quando ci calmiamo continuiamo a fissarci negli occhi.
«Mi hai riassunta Cullen. Hai ammesso di aver sbagliato. Stai recuperando il tuo rapporto con Jasper… speriamo che quando tornerai in ufficio sarai meno stronzo!» Mi guarda serio per un momento.
«Sono gli incubi che non mi fanno dormire e mi fanno agitare…» Sussurra.
«E allora devi trovare il modo per stancarti di più e dormire di meno. Appunterei come nota anche essere più rilassato!»
«Vuole altro per Natale signorina Swan?»
«Sì, vorrei andare in montagna, in una casa con il caminetto, una piscina riscaldata al coperto e guardare le stelle! Vorrei anche un uomo bellissimo, intelligentissimo e ricchissimo al mio fianco a farmi stancare, così da non avere gli incubi durante la notte! Quando trovi un pacchetto del genere avvisami che lo compro subito!» Ride e annuisce.
«Bene, allora vado!»
«Il numero con cui ti ho chiamato è il mio privato, se… se vuoi puoi ehm… memorizzarlo!»
«Che fine ha fatto quello di servizio?»
«Pensavo che avessi ancora quell’odiosa suoneria associata al mio nome e che non rispondessi se la sentivi!» Scoppio a ridere e alzo i pollici. Avrei fatto esattamente quello.
«Passo domani, cerca di riposare qualche ora, se vuoi distrarti sul canale sessantacinque ci sono le repliche di un quiz dalle due alle cinque e sul centodue ritrasmettono all’infinito i Robinson, mentre sul duecentoventitre i due comici muti.»
«Grazie.» Mormora sorridendo. Prendo le mie cose e sono già alla porta quando si schiarisce la voce.
«Chiama Bruce e digli che non servirai mai più caffè e sandwich nella sua caffetteria! Sei sprecata lì dentro!» Sorrido e lo saluto con la mano senza voltarmi. Passo dalla sala d’aspetto e li aggiorno con le novità, Rosalie viene accompagnata da un’infermiera al suo piano mentre io esco dall’ospedale con Angela e Emmett.
«Scusa, capisco come ti devi essere sentita!» Mormora Angela in ascensore.
«Non ti preoccupare, io capisco te.»
«C’è tanto lavoro, Edward e Rosalie sono bravissimi a non farsi prendere dal panico.»
«Vedrai che ce la faremo!» Mi accompagnano alla macchina e poi, finalmente, mi dirigo a casa.